In Italia e nel mondo i disturbi dell’adolescenza stanno raggiungendo livelli preoccupanti, specialmente nel periodo post-pandemico. Secondo l’OMS, il 15% dei bambini e adolescenti nel mondo soffre di disturbi mentali; in Italia si stima che 2 milioni di ragazzi sotto i 18 anni siano colpiti da patologie neuropsichiatriche.
Un rapporto nazionale ha rivelato che quasi 1 giovane su 2 (49%) tra 18-25 anni ha sperimentato ansia o depressione a causa della pandemia, e ben il 62% ha cambiato la propria visione del futuro. Emerge inoltre che circa 7 adolescenti su 10 vivono un disagio psicologico che spesso passa inosservato dagli adulti. Queste cifre allarmanti sottolineano l’urgenza di affrontare il tema della salute mentale degli adolescenti in modo serio ed empatico, superando stigma e minimizzazioni (fonte: Repubblica.it)
I disturbi dell’adolescenza (definiti anche problemi adolescenziali di natura psicologica o psichiatrica) comprendono un’ampia gamma di condizioni che alterano il pensiero, l’umore o il comportamento di un ragazzo in età 12-18 anni, causando sofferenza significativa e interferendo con la vita quotidiana. L’adolescenza è una fase di profondi cambiamenti fisici, emotivi e sociali, durante la quale possono emergere vulnerabilità sul piano psicologico. Non tutte le crisi adolescenziali fanno parte di un disturbo: è normale assistere a oscillazioni d’umore o momenti di ribellione in questa età. Si parla di disturbo vero e proprio quando i sintomi sono intensi, persistenti e compromettono il funzionamento dell’adolescente in famiglia, a scuola e nelle relazioni.
Le condizioni più comuni includono depressione e ansia in adolescenza, disturbi del comportamento (es. condotta aggressiva fuori controllo), disturbi alimentari (anoressia, bulimia), disturbi da dipendenza (abuso di sostanze, videogiochi, ecc.) e altri problemi di salute mentale giovanile. A livello globale, la depressione adolescenziale, i disturbi d’ansia e quelli comportamentali figurano tra le principali cause di malattia e disabilità nei giovani. Si stima che circa 1 adolescente su 7 conviva con un disturbo mentale non diagnosticato o non trattato, spesso perché sintomi e disagi vengono scambiati per “normali turbolenze” dell’età e quindi ignorati. L’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolinea l’importanza di riconoscere e affrontare precocemente questi problemi, evitando sia l’allarmismo sia l’indifferenza, per prevenire conseguenze più gravi in futuro (fonte: OMS)
Quando un adolescente soffre di un disturbo psicologico, tutta la sua vita ne risente. Questi problemi possono interferire con la concentrazione e l’apprendimento, portando a un calo del rendimento scolastico o addirittura all’abbandono degli studi. Sul piano delle relazioni, il ragazzo può isolarsi da amici e familiari, sentirsi incompreso o emarginato, con un effetto negativo sull’autostima. I disturbi dell’adolescenza, se non affrontati, tendono inoltre a persistere nell’età adulta, compromettendo sia la salute fisica che mentale e limitando le opportunità di realizzarsi pienamente.
Un adolescente con un disagio psichico importante è più vulnerabile a fenomeni come stigma ed esclusione sociale. Può sviluppare comportamenti a rischio (uso di droghe, condotte pericolose) nel tentativo di compensare il proprio malessere, oppure manifestare sintomi fisici psicosomatici (mal di testa, disturbi gastrointestinali) senza cause mediche apparenti. L’OMS avverte che i giovani con disturbi mentali non trattati spesso vanno incontro a maggiori difficoltà educative, problemi di integrazione e anche a rischi per la propria salute fisica. In casi estremi, il disagio può sfociare in idee suicidarie: il suicidio purtroppo rappresenta una delle prime cause di morte tra i 15-19 anni a livello europeo. Prendersi cura della salute mentale degli adolescenti significa quindi tutelare non solo il loro benessere presente, ma anche quello futuro, prevenendo conseguenze a lungo termine sulla vita adulta.
Riconoscere per tempo i segnali di allarme è fondamentale per distinguere un normale momento di difficoltà da un disturbo clinico vero e proprio. Ecco alcuni sintomi e comportamenti tipici che potrebbero indicare un problema di salute mentale nell’adolescente:
(NB: Segnali gravi come minacce di suicidio, autolesionismo (tagli, bruciature) o abuso di sostanze richiedono un intervento immediato di professionisti, senza attendere oltre.)
Spesso gli adolescenti faticano a verbalizzare il proprio disagio, minimizzano i problemi o li nascondono per paura o vergogna. Ecco perché è essenziale che genitori, insegnanti e adulti di riferimento prestino attenzione a questi segnali, anche quelli silenziosi, e mantengano il dialogo aperto. Un intervento tempestivo può letteralmente salvare una vita o evitare che un problema passeggero si trasformi in una patologia cronica.
I disturbi psicologici non hanno mai una causa unica: derivano piuttosto da una complessa interazione di fattori biologici, psicologici e sociali. Tra i principali fattori di rischio che possono contribuire al malessere mentale degli adolescenti troviamo:
Vale la pena notare che più fattori di rischio sono presenti contemporaneamente, maggiore è il potenziale impatto sul ragazzo. Ad esempio, un adolescente geneticamente predisposto che vive in un contesto familiare violento e inoltre subisce bullismo a scuola, accumula stress molto elevato e avrà più probabilità di sviluppare un disturbo. Al contrario, fattori protettivi come buone abilità di coping, supporto emotivo da parte della famiglia, amici e comunità, attività extrascolastiche positive, possono bilanciare i rischi e aiutare l’adolescente a superare anche momenti difficili senza conseguenze durature (fonte: Save The Children).
Distinguere tra “fase passeggera” e problema clinico non è sempre semplice. In generale, è il momento di chiedere aiuto a uno specialista (psicologo, psicoterapeuta o neuropsichiatra infantile) quando il disagio dell’adolescente:
Oltre a queste condizioni, un criterio importante è l’istinto di genitori e insegnanti: chi conosce bene il ragazzo può percepire che “qualcosa non va” oltre la normale adolescenza. È sempre meglio chiedere una valutazione in più che ignorare un possibile problema. Un professionista saprà distinguere un disagio giovanile temporaneo da un disturbo e, se necessario, indicare il percorso di supporto più adatto.
Ricordiamoci che chiedere aiuto non è mai un fallimento – anzi, è un atto di coraggio e di cura verso sé stessi. In Italia esistono servizi pubblici dedicati (come i consultori familiari o i servizi di neuropsichiatria infantile nelle ASL) e naturalmente specialisti privati. Una valutazione specialistica precoce può prevenire l’aggravarsi del problema e fornire all’adolescente gli strumenti per stare meglio. In caso di dubbio, dunque, è consigliabile prenotare un colloquio: anche solo pochi incontri di consulenza possono chiarire la situazione e tranquillizzare la famiglia.
Affrontare i disturbi dell’adolescenza richiede spesso un approccio multidisciplinare e personalizzato. Significa coinvolgere diverse figure professionali (psicologo, psicoterapeuta, psichiatra o neuropsichiatra infantile, educatori) e collaborare con la famiglia e la scuola, creando attorno al ragazzo una rete di supporto integrata. Non esiste una “pillola magica” immediata: il trattamento più efficace combina vari interventi basati su evidenze scientifiche.
È considerata il pilastro dell’intervento per la maggior parte dei disturbi giovanili. Tra le terapie con comprovata efficacia ci sono la terapia cognitivo-comportamentale (TCC), che aiuta a riconoscere e modificare pensieri negativi e comportamenti disfunzionali, e la terapia interpersonale (IPT), che lavora sulle relazioni e la gestione delle emozioni. Anche la terapia familiare può essere molto utile, specialmente quando il disagio è influenzato da dinamiche in casa: coinvolge i genitori nel processo di cambiamento. Le linee guida internazionali (ad es. NICE) raccomandano interventi psicoterapeutici di almeno 3 mesi per i disturbi come depressione e ansia in adolescenza. Importante è che il terapeuta abbia una formazione specifica in psicologia dell’età evolutiva e stabilisca una relazione di fiducia con il giovane. In alcuni casi può essere indicata la terapia di gruppo (es. gruppi di coetanei per abilità sociali) o interventi psicoeducativi (per problemi specifici come gestione della rabbia, educazione affettiva e sessuale, prevenzione del bullismo).
I farmaci possono essere di grande aiuto in determinate circostanze, ma vanno utilizzati con prudenza e solo sotto stretto controllo medico specialistico (neuropsichiatra infantile o psichiatra dell’adolescenza). Per depressione e disturbi d’ansia gravi negli adolescenti, ad esempio, è talvolta indicato l’uso di antidepressivi SSRI. La fluoxetina è attualmente l’antidepressivo di scelta autorizzato in età adolescenziale, secondo linee guida, da affiancare sempre alla psicoterapia. Nei casi di disturbo bipolare o psicosi giovanile, possono essere prescritti stabilizzatori dell’umore o antipsicotici atipici. Per ADHD e altri disturbi del neurosviluppo, si ricorre talvolta a farmaci specifici (come il metilfenidato) insieme a programmi psicoeducativi. In tutti i casi, la regola fondamentale è: il farmaco non sostituisce la terapia psicologica, ma la integra, alleviando i sintomi più acuti così che il ragazzo possa affrontare meglio il percorso psicoterapeutico. Il trattamento combinato (terapia farmacologica + psicoterapia) è riservato ai casi moderati-gravi, ed è dimostrato che può migliorare gli esiti rispetto alla sola psicoterapia, purché vi sia un attento monitoraggio degli effetti e una buona alleanza terapeutica. Genitori e pazienti vengono informati su benefici e rischi dei farmaci (ad esempio alcuni antidepressivi possono inizialmente aumentare agitazione o ideazione suicidaria, quindi vanno seguiti da vicino).
Un approccio efficace considera l’adolescente all’interno del suo ecosistema. Ciò significa lavorare anche con i genitori, offrendo se necessario sostegno alla genitorialità o counseling familiare, affinché comprendano il problema senza colpevolizzazioni e adottino strategie comunicative ed educative coerenti col percorso terapeutico. Allo stesso modo, quando possibile, è utile coinvolgere la scuola: informare (con il consenso dell’interessato) figure come il referente scolastico o lo psicologo scolastico sul problema, per attivare misure di supporto (ad esempio piani didattici personalizzati, osservazione attenta di comportamenti a rischio come il ritiro sociale o il bullismo). I consultori familiari e i servizi territoriali spesso agiscono da snodo tra famiglia, scuola e servizi sanitari, fornendo interventi multidisciplinari (psicologo, assistente sociale, educatore) in un unico centro. Studi e linee guida sottolineano che un lavoro di rete – la cosiddetta presa in carico integrata – aumenta le probabilità di successo, perché affronta il disagio su più fronti contemporaneamente.
Oltre alla psicoterapia classica, esistono programmi specifici che mirano a potenziare le abilità dell’adolescente e prevenire ricadute. Ad esempio, training sulle abilità sociali (per ragazzi con fobia sociale o autismo lieve), gruppi di supporto tra pari dove i giovani condividono esperienze comuni (molto utili nei disturbi alimentari o nelle dipendenze per ridurre l’isolamento), laboratori espressivi (arte-terapia, musicoterapia) per canalizzare emozioni in modo creativo. Nel caso di dipendenze comportamentali (internet, videogiochi) si utilizzano percorsi di digital detox guidato e tecniche per recuperare il controllo sull’impulso. L’obiettivo è sempre quello di mettere l’adolescente al centro del proprio percorso di cura, rendendolo parte attiva e consapevole del cambiamento.
In sintesi, i disturbi dell’adolescenza si possono curare. La chiave è intervenire precocemente con un approccio scientificamente valido e calibrato sulla persona. La prognosi è spesso positiva: molti ragazzi, con l’aiuto giusto, superano la crisi adolescenziale e tornano a stare bene, sviluppando anche una maggiore resilienza. Fondamentale è abbattere la vergogna: chiedere aiuto è il primo passo verso la guarigione.
Oltre ai percorsi terapeutici, esistono strategie pratiche che l’adolescente stesso – supportato dalla famiglia – può mettere in atto nel quotidiano per migliorare il proprio benessere mentale. Ecco 5 consigli, semplici ma basati su evidenze, che possono fare la differenza:
Seguire queste strategie non significa che i problemi spariranno magicamente, ma aiuta a creare un terreno più favorevole alla salute mentale. Pensa a queste strategie come ai pilastri di uno stile di vita equilibrato: consolidandole, ti sentirai più forte nell’affrontare le sfide. Se stai già seguendo una terapia, queste buone pratiche ne potenzieranno gli effetti e ridurranno il rischio di ricadute. E soprattutto, ricorda di essere paziente con te stesso: costruire nuove abitudini richiede tempo e all’inizio può sembrare difficile, ma persevera senza colpevolizzarti per gli eventuali passi falsi. Ogni giorno è un nuovo inizio.
Se pensi che tu o tuo figlio possiate aver bisogno di aiuto, non aspettare. Prima si interviene, prima si sta meglio. Prenota un appuntamento con uno specialista di My Mental Care: il nostro team multidisciplinare (psichiatri, psicoterapeuti ed altri professionisti) è pronto ad ascoltarti e offrire un sostegno su misura. Basta un primo colloquio per capire insieme quale percorso può aiutarti a ritrovare il benessere. Non sei solo: chiedere aiuto è il primo passo per stare meglio.
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