La sindrome da burnout: sintomi, cause e come affrontarla

Uomo maturo visibilmente stanco e stressato in ufficio, con espressione preoccupata: immagine simbolica del burnout e dello stress da lavoro.

In Italia, quasi un lavoratore su tre ha sperimentato almeno una volta nella vita lo stress da lavoro ed è a rischio burnout. A dirlo è l’ultimo rapporto del CENSIS (febbraio 2025), che fotografa un disagio sempre più diffuso tra chi ogni giorno affronta ritmi lavorativi serrati, pressioni costanti e carichi emotivi spesso insostenibili. Il fenomeno, un tempo sottovalutato, oggi è riconosciuto come una vera e propria condizione di esaurimento psicofisico, con conseguenze importanti sulla salute, sulle relazioni e sulla qualità della vita.

Questo dato allarmante conferma che il burnout lavorativo è un problema sempre più diffuso anche nel nostro Paese. Di fronte a ritmi e pressioni insostenibili, molti lavoratori finiscono per sentirsi “bruciati” e sopraffatti, con pesanti conseguenze sul benessere personale, professionale e familiare.

Cos’è il burnout?

Il burnout è uno stato di esaurimento fisico, mentale ed emotivo causato da uno stress lavoro-correlato cronico e mal gestito. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lo ha riconosciuto nell’ICD-11 come un fenomeno occupazionale (fattore che influenza la salute) e non come una patologia medica autonoma (fonte: WHO). Il termine “burn-out” in inglese significa letteralmente “bruciato” o “esaurito”, a sottolineare come la persona “si consumi” completamente a causa del lavoro.

In pratica, si parla di sindrome da burnout quando un individuo non riesce più a far fronte in modo efficace alle richieste e difficoltà del proprio ruolo professionale. Questa condizione deriva da uno stress prolungato sul posto di lavoro e si caratterizza tipicamente per tre dimensioni chiave identificate dall’OMS:

  • Esaurimento: una profonda sensazione di svuotamento delle energie, stanchezza cronica e spossatezza fisica e mentale. La persona si sente senza energie o entusiasmo e incapace di recuperare le forze anche dopo pause o riposo.

  • Depersonalizzazione/Cinismo: un distacco mentale crescente dal proprio lavoro, con atteggiamenti di negatività o cinismo verso le proprie mansioni, i colleghi o i clienti. Chi ne soffre diventa apatico, irritabile, può provare risentimento e tende a isolarsi emotivamente nel tentativo di difendersi dallo stress.

  • Ridotta efficacia professionale: un marcato calo del senso di realizzazione personale e dell’efficacia sul lavoro. La persona sente di non ottenere più risultati, dubita di sé stessa, cala il rendimento nonostante gli sforzi e sperimenta un forte senso di inefficacia e fallimento.

Questa sindrome riguarda esclusivamente il contesto lavorativo e non va confusa con altre forme di esaurimento nervoso nella vita privata. Tuttavia, il burnout rappresenta una grave minaccia per la salute e il benessere: non è un semplice “periodo di stress” destinato a risolversi da solo, ma un logorio psicofisico potenzialmente duraturo che richiede attenzione. In sintesi, il burnout è lo stadio estremo dello stress: quando lo stress diventa cronico e insostenibile, si trasforma in questo stato di esaurimento totale.

Perché il burnout incide sulla vita?

Il burnout influisce profondamente su tutti gli ambiti della vita di una persona, ben oltre l’orario di lavoro. Chi ne soffre spesso sperimenta un crollo psichico ed emotivo generalizzato: non ha energie per la famiglia o il tempo libero, si sente distaccato da ciò che prima gli dava soddisfazione e può sviluppare un atteggiamento di rassegnazione. Uno studio in Italia ha rilevato che quasi un lavoratore dipendente su tre (31,8%) ha provato sentimenti di estraneità, esaurimento o negatività verso il proprio lavoro, segno di un potenziale burnout. Questa condizione di malessere prolungato può manifestarsi come un vero e proprio “esaurimento nervoso” da lavoro, con effetti negativi anche sulla sfera privata e sulle relazioni.

Tra le conseguenze più comuni vi sono:

  • Calo della produttività e assenteismo: La persona in burnout fatica a concentrarsi, commette più errori e può arrivare a mancare spesso dal lavoro (malattie, permessi, ritardi) perché mentalmente e fisicamente incapace di sostenere la giornata lavorativa.

  • Problemi di salute: Lo stress cronico indebolisce l’organismo. Possono comparire disturbi psicosomatici (insonnia, emicranie, disturbi gastrointestinali, tensioni muscolari) e un abbassamento delle difese immunitarie con malattie più frequenti. A lungo termine, il burnout aumenta il rischio di depressione clinica, disturbi d’ansia importanti e altre patologie legate allo stress.

  • Impatto emotivo e relazionale: Fuori dall’ufficio, la persona si sente irritabile, svuotata e distaccata, con poca voglia di partecipare alla vita familiare o sociale. Le relazioni possono risentirne: chi vive il burnout spesso si chiude in sé stesso, ha scoppi di nervosismo o pianto e perde interesse per hobby e affetti. Ciò può creare incomprensioni in famiglia e isolamento sociale.

  • Decisioni drastiche sul lavoro: In molti casi il burnout porta a dimissioni volontarie o cambi forzati di carriera. Una ricerca sindacale su migliaia di lavoratori post-pandemia ha evidenziato che la prima motivazione di abbandono del posto di lavoro era proprio l’eccessivo stress lavoro-correlato (36% dei casi). In altre parole, il burnout può spingere le persone a lasciare un impiego senza avere alternative, pur di sottrarsi a una situazione insostenibile.

I costi di questa sindrome sono dunque altissimi, sia per il singolo individuo che per aziende e società (calo di produttività, turnover, assenze). Trascurare i segnali del burn out significa rischiare un peggioramento ulteriore del quadro: col tempo, infatti, il malessere tende ad aggravarsi e a cronicizzarsi, minando profondamente la qualità di vita complessiva della persona.

I sintomi principali del burnout

Riconoscere per tempo i sintomi del burnout è fondamentale per intervenire. I segnali si sviluppano in modo graduale – spesso la persona all’inizio tende a sottovalutarli, pensando che sia “solo stanchezza” – ma pian piano diventano sempre più persistenti. I sintomi possono essere suddivisi in tre categorie:

  • Sintomi fisici: spossatezza e stanchezza cronica fin dal mattino, che non passa nemmeno dopo il weekend; disturbi del sonno (difficoltà ad addormentarsi, risvegli frequenti, insonnia); frequenti mal di testa o cefalee tensive, o muscolo-tensive; dolori muscolari diffusi (es. cervicale) dovuti alla tensione; problemi gastrointestinali come gastrite, colon irritabile o nausea; calo delle difese immunitarie (ci si ammala più spesso del solito). Possono comparire anche disturbi cardiocircolatori legati allo stress (tachicardia, pressione alta) e sintomi come inappetenza o, al contrario, fame nervosa.

  • Sintomi emotivi e mentali: la persona in burnout si sente emotivamente svuotata. Sono comuni sentimenti di sconfitta, fallimento o bassa autostima, accompagnati da un senso di impotenza e scoraggiamento. Spesso subentrano apatia e disinteresse per il lavoro e ciò che prima motivava; calo di soddisfazione e perdita di entusiasmo; atteggiamento cinico o negativo verso i colleghi, i superiori o i clienti; irritabilità costante e nervosismo, con esplosioni di rabbia o crisi di pianto per motivi apparentemente banali. In alcuni casi emergono veri e propri sintomi ansioso-depressivi: ansia anticipatoria al solo pensiero di andare al lavoro, attacchi di panico, oppure umore depresso, tristezza profonda e pensieri pessimistici.

  • Sintomi comportamentali: il burnout porta a cambiamenti nel modo di agire. La persona può iniziare a trascurare i propri compiti e responsabilità (rinuncia a nuovi incarichi, procrastina le scadenze). Si osserva spesso un calo marcato della produttività e dell’efficienza: compiti prima svolti facilmente ora diventano insormontabili. Frequenti sono anche i conflitti interpersonali sul lavoro (litigi con colleghi o superiori) e l’assenteismo – la persona prende giorni di malattia o arriva in ritardo cercando di evitare il più possibile l’ambiente lavorativo. Alcuni mettono in atto strategie maladattive per far fronte allo stress: ad esempio un uso eccessivo di alcol, cibo “spazzatura” o farmaci nel tentativo di sedare l’ansia e tirarsi su. Altri invece tendono all’isolamento sociale sia sul lavoro (evitando momenti di scambio con i colleghi) sia nella vita privata.

Nota: Questi sintomi non compaiono all’improvviso tutti insieme. Il burnout è un processo graduale, che può svilupparsi nell’arco di mesi o anni. Inizialmente possono esserci solo segnali lievi (ad esempio insonnia saltuaria, irritabilità crescente, fatica a concentrarsi) facilmente attribuibili ad “un periodo stressante”. Col tempo, però, questi campanelli d’allarme si intensificano e si sommano l’uno con l’altro, fino a delineare il quadro completo della sindrome.

Come differenziare lo stress dal burnout

Segnali specifici dello stress

Lo stress, a differenza del burnout, è caratterizzato da:

  1. Temporaneità
    • Legato a situazioni o periodi specifici
    • Tende a risolversi quando la pressione diminuisce
    • Può essere gestito con tecniche di rilassamento
  2. Reattività
    • Iperattività e urgenza
    • Maggiore reattività emotiva
    • Senso di pressione ma mantenimento della motivazione
  3. Consapevolezza
    • Consapevolezza della situazione stressante
    • Desiderio di migliorare la situazione
    • Capacità di vedere una via d'uscita

Segnali specifici del burnout

Il burnout si distingue per:

  1. Cronicità
    • Sviluppo graduale nel tempo
    • Persistenza dei sintomi anche in assenza di pressioni immediate
    • Difficoltà nel recupero anche dopo periodi di riposo
  2. Disimpegno
    • Distacco emotivo dal lavoro
    • Perdita di motivazione e speranza
    • Sensazione di essere "svuotati"
  3. Compromissione funzionale
    • Riduzione significativa delle performance
    • Difficoltà nel mantenere standard professionali
    • Impatto sulla vita personale oltre che professionale

Tabella comparativa: Stress vs Burnout

 Aspetto   Stress   Burnout 
 Energia   Iperattività   Esaurimento 
 Emozioni   Reattività elevata   Distacco emotivo 
 Motivazione   Presente ma sotto pressione   Assente o molto ridotta 
 Durata   Temporaneo   Cronico 
 Recupero   Possibile con riposo   Richiede interventi strutturati 
 Impatto   Principalmente professionale   Globale (lavoro e vita privata) 

 

Se riconosci in te stesso diversi dei sintomi descritti, soprattutto se persistenti nel tempo, è importante non sottovalutare la situazione. Il burnout è una condizione seria che richiede attenzione e, spesso, supporto professionale per essere gestita efficacemente.

Giovane uomo concentrato davanti al computer in un ambiente buio, simbolo di sovraccarico mentale e workaholism legati al burnout.

Cause e fattori di rischio

Il burnout ha origini multifattoriali: è il risultato di un’interazione tra fattori lavorativi/ambientali e fattori individuali personali. In generale, le cause scatenanti più comuni includono:

  • Carico di lavoro eccessivo e prolungato: lavorare costantemente sotto pressione, con ritmi frenetici, straordinari frequenti o carenze di personale, è uno dei principali fattori di rischio. Quando le richieste superano sistematicamente le risorse e il tempo a disposizione, lo stress accumulato prepara il terreno al burnout.

  • Mancanza di controllo e autonomia: avere scarso controllo sul proprio lavoro (es. nessuna voce in capitolo su decisioni, obiettivi poco chiari, risorse inadeguate) contribuisce al senso di impotenza e frustrazione. Allo stesso modo, obiettivi aziendali incoerenti con i propri valori personali o continui cambi di programma possono far sentire il lavoratore costantemente inadeguato.

  • Clima organizzativo negativo: un ambiente di lavoro tossico, con conflitti tra colleghi, scarsa comunicazione, mancanza di supporto da parte di capi o team, oppure episodi di mobbing o molestie psicologiche, aumenta drasticamente il rischio di burnout. Chi lavora in solitudine o in competizione continua, senza feedback né riconoscimenti, sviluppa più facilmente demotivazione e cinismo.

  • Scarso equilibrio vita-lavoro: situazioni in cui il lavoro invade totalmente la vita privata – ad esempio reperibilità continua, turni molto lunghi, orari imprevedibili o notturni senza adeguati periodi di recupero – impediscono alla persona di ricaricarsi. La mancanza di tempo per sé, per la famiglia e il riposo erode progressivamente le energie mentali.

  • Insicurezza del ruolo e mancanza di riconoscimento: sentirsi costantemente in bilico (contratti precari, timore di licenziamento) genera stress cronico. Anche lavorare sodo senza mai ricevere riconoscimenti o gratificazioni (né economiche né morali) porta a demoralizzazione e disaffezione verso il lavoro.

  • Fattori individuali: alcune caratteristiche personali possono predisporre maggiormente al burnout. Tra queste, il perfezionismo e l’eccessivo senso del dovere (chi non riesce a delegare e pretende moltissimo da sé stesso), le aspettative irrealistiche sul lavoro, una bassa resilienza allo stress, scarse abilità di coping o tendenza all’ansia e al pessimismo. Anche l’assenza di una rete di supporto fuori dal lavoro (amici, famiglia) rende più vulnerabili, perché si hanno meno valvole di sfogo.

In passato si riteneva che il burnout colpisse soprattutto le cosiddette helping professions, ossia le professioni d’aiuto come medici, infermieri, insegnanti, assistenti sociali, forze dell’ordine, ecc., in cui l’impatto emotivo è elevato. In effetti queste categorie restano a rischio elevato (soprattutto in condizioni come la pandemia, che ha visto schizzare i casi di burnout tra il personale sanitario). Oggi però sappiamo che il burnout può insorgere in qualsiasi settore lavorativo se sussistono forti stressors cronici. Dalle aziende di consulenza alle start-up tecnologiche, dai lavori creativi al commercio, nessuno è immune: ciò che conta sono le condizioni organizzative e la percezione soggettiva di sovraccarico e mancanza di controllo.

Attenzione: il burnout non è indice di scarsa capacità personale o “debolezza” dell’individuo, bensì la conseguenza di fattori di stress oggettivi (sovraccarico, conflitti, ecc.) non risolti adeguatamente nel tempo. In altre parole, la “colpa” non è del lavoratore, ma di un equilibrio malsano tra richieste e risorse. Per questo gli interventi più efficaci agiscono sia sull’individuo che sul contesto lavorativo.

Quando chiedere aiuto e rivolgersi a un professionista

Dal burnout si può uscire, ma è fondamentale accorgersi per tempo della situazione e non esitare a chiedere aiuto. Un semplice periodo di ferie spesso non basta a risolvere il problema se, al rientro, le condizioni di lavoro restano uguali. Ma come capire quando è il caso di rivolgersi ad uno specialista?

In generale, se i sintomi di stress e affaticamento durano da più di qualche settimana e tendono a peggiorare anziché migliorare, oppure se ci si sente sull’orlo di un esaurimento (emotivo o fisico), è opportuno cercare aiuto. Quando il malessere diventa significativo e interferisce con la vita quotidiana – ad esempio al mattino l’ansia di andare al lavoro è fortissima, oppure ci si sente completamente “spenti” e incapaci di provare interesse – è il segnale che potrebbe trattarsi di burnout. In questi casi è consigliabile rivolgersi a un professionista della salute mentale (come il medico di base, uno psicologo o uno psicoterapeuta specializzato) per una valutazione.

Non bisogna aspettare di “toccare il fondo”: prima si interviene, più facile sarà recuperare. Un intervento tempestivo infatti previene l’innescarsi di meccanismi più complessi e difficili da gestire (come depressione maggiore o disturbi d’ansia gravi). Al contrario, ignorare la situazione rischia di farla cronicizzare: un burnout non affrontato può durare mesi o addirittura anni, con conseguenze a catena sulla salute. Ascolta i campanelli d’allarme del tuo corpo e della tua mente: se ti accorgi che lo stress lavorativo sta avendo un impatto pesante e prolungato sul tuo benessere, non esitare a parlarne con uno specialista.

N.B.: Il burnout in sé non ha una diagnosi medica codificata nel DSM-5 (Manuale diagnostico dei disturbi mentali), ma ciò non significa che vada sottovalutato. Un professionista potrà aiutarti a capire se i tuoi sintomi rientrano in questa sindrome e come affrontarli al meglio. Spesso chi soffre di burnout si sente in colpa o prova vergogna nel chiedere aiuto, ma è importante ricordare che chiedere aiuto è un atto di coraggio e cura verso sé stessi, non un’ammissione di debolezza.

Approcci di trattamento del burnout

Affrontare il burnout richiede un approccio su più fronti, combinando interventi sul piano individuale (cura della persona) e, quando possibile, sul piano organizzativo (migliorare le condizioni di lavoro). Ecco i principali strumenti di trattamento:

  • Riposo e sostegno sul lavoro: Il primo passo spesso consiste nel rimuovere temporaneamente la fonte di stress. Può essere necessario prendersi un periodo di pausa dal lavoro (ad esempio qualche settimana di malattia o ferie) per permettere alla persona di allontanarsi dall’ambiente stressante e recuperare le energie psicofisiche. Allo stesso tempo, è importante – ove possibile – coinvolgere il datore di lavoro o l’ufficio HR: discutere di una riduzione del carico, di una riorganizzazione dei compiti o altre misure di supporto. Questo aiuta a evitare di ricadere nel burnout una volta rientrati. Col supporto di professionisti, si può valutare anche un graduale rientro con orario ridotto o mansioni alleggerite.

  • Psicoterapia: Il supporto psicologico professionale è considerato l’approccio centrale per superare il burnout. In particolare, la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) ha mostrato grande efficacia nell’aiutare i pazienti a gestire lo stress e modificare i pensieri disfunzionali legati al lavoro. Il percorso terapeutico si focalizza su: riconoscere i fattori che contribuiscono al burnout, imparare tecniche per affrontare l’ansia e il senso di inefficacia, ristabilire confini sani tra lavoro e vita privata e sviluppare strategie attive di coping. Il terapeuta fornisce strumenti pratici per migliorare la gestione del tempo, l’assertività nelle richieste lavorative e la capacità di rilassarsi. In parallelo, aiuta la persona a ristrutturare pensieri negativi (es. “Sono un fallito”) in interpretazioni più equilibrate, ricostruendo autostima e motivazione. La durata della terapia può variare, ma spesso alcuni mesi di percorso sono sufficienti per vedere miglioramenti significativi.

  • Farmaci (se necessari): Non esiste una “pillola magica” specifica per il burnout e, nella maggior parte dei casi, la terapia farmacologica non è necessaria. Tuttavia, nei casi in cui il burnout si accompagna a disturbi depressivi o ansiosi di grado severo, lo specialista (medico di base o psichiatra) può valutare un supporto farmacologico mirato. Ad esempio, antidepressivi (come gli SSRI o SNRI) possono aiutare a risollevare l’umore e ridurre la disperazione, mentre ansiolitici o beta-bloccanti possono essere impiegati temporaneamente per tenere a bada ansia e attacchi di panico acuti. In caso di insonnia grave si possono prescrivere brevi cicli di sedativi per ripristinare il sonno. È importante sottolineare che i farmaci trattano i sintomi associati (depressione, ansia, insonnia) ma non risolvono da soli le cause del burnout: vanno sempre integrati in un percorso psicologico e usati sotto attenta supervisione medica. In ogni caso, il ricorso ai farmaci avviene solo quando strettamente necessario e per periodi limitati, per aiutare la persona a recuperare stabilità emotiva sufficiente a intraprendere gli altri interventi.

  • Interventi sul luogo di lavoro: Oltre alla cura individuale, un vero superamento del burnout spesso richiede qualche cambiamento nelle condizioni lavorative. Se possibile, è utile coinvolgere l’azienda: ad esempio richiedere un ridimensionamento del carico di lavoro, una ridistribuzione delle responsabilità nel team, chiarire con i superiori le priorità realistiche o attivare programmi di welfare aziendale (sportello psicologico, formazione su stress e time management, ecc.). Molte aziende stanno iniziando a riconoscere l’importanza del benessere dei dipendenti: non abbiate timore di segnalare il problema, con tatto e assertività, proponendo soluzioni che possano giovare a entrambi (dipendente più sereno = maggiore produttività sul lungo termine). In alcuni casi estremi, valutare opportunamente un cambiamento di ruolo o ambiente lavorativo può essere risolutivo per lasciarsi alle spalle una situazione ormai insostenibile.

In sintesi, l’approccio migliore è multidisciplinare. Riposo, terapia e – dove attuabile – miglioramenti organizzativi lavorano in sinergia. Con il giusto supporto, la sindrome da burnout si può superare: la persona torna gradualmente a stare bene, recupera le energie, ritrova motivazione e impara tecniche per prevenire future ricadute, sviluppando una maggiore resilienza allo stress.

Strategie pratiche per prevenire e gestire il burnout

Oltre ai trattamenti clinici, esistono diverse strategie di self-care e cambiamenti nello stile di vita che possono aiutare a prevenire il burnout o favorire il recupero. Di seguito 5 consigli pratici, supportati da evidenze scientifiche, che ciascuno può mettere in atto:

  1. Coltiva relazioni positive sul posto di lavoro – Investire nei rapporti umani al lavoro è un potente fattore protettivo. Cerca il confronto e il supporto dei colleghi di fiducia: parlare delle difficoltà con qualcuno che capisce la situazione allevia il senso di isolamento. Anche i manager e superiori possono essere preziosi alleati se informati del tuo carico: non aver paura di chiedere aiuto. Un clima collaborativo e aperto riduce significativamente il rischio di burnout.

  2. Stabilisci confini tra lavoro e vita privata – Impara a bilanciare il tempo dedicato al lavoro con quello per te stesso. Evita per quanto possibile di portare il lavoro a casa (fisicamente o mentalmente): ad esempio, imponiti di non controllare l’email di ufficio fuori orario o nei weekend. Dedica tempo a hobby, famiglia, riposo e attività che ti gratificano: avere soddisfazioni extra-lavorative aiuta a mantenere una prospettiva più serena anche sul lavoro.

  3. Prenditi delle pause rigeneranti – Non ignorare i segnali di stanchezza. Durante la giornata lavorativa, fai pause brevi ma frequenti: alzati dalla scrivania, fai due passi, prendi aria. Stacca veramente nel weekend e pianifica vacanze quando puoi – anche brevi, purché siano momenti di vero distacco. Il riposo è fondamentale per evitare di esaurire le energie: un periodo di ferie ben sfruttato può prevenire il tracollo da stress.

  4. Fai regolare attività fisica – L’esercizio fisico è uno dei migliori antistress naturali. Fare sport o movimento (basta anche una camminata di 30 minuti al giorno) aiuta a scaricare la tensione, rilascia endorfine benefiche e migliora la qualità del sonno. Numerosi studi confermano che chi mantiene un minimo di attività fisica costante gestisce meglio lo stress e ha minori probabilità di sviluppare burnout. Scegli un’attività che ti piace (dalla bici al nuoto, dalla palestra allo yoga) e falla entrare come abitudine nella tua routine settimanale.

  5. Allena tecniche di gestione dello stress (mindfulness) – Strategie di rilassamento e mindfulness possono incrementare la resilienza. La mindfulness, ad esempio, è una pratica di meditazione che insegna a portare attenzione consapevole al presente: studi scientifici hanno dimostrato che programmi basati sulla mindfulness riducono significativamente il rischio di burnout soprattutto nelle professioni sanitarie. Anche esercizi di respirazione profonda, training autogeno, yoga o altre tecniche mente-corpo sono efficaci nell'abbassare i livelli di ansia e migliorare la chiarezza mentale. Dedica ogni giorno qualche minuto a queste pratiche: nel tempo potrai notare una maggiore calma interiore e capacità di far fronte alle pressioni esterne.

Oltre a questi consigli, ricorda l’importanza di uno stile di vita sano in generale: alimentazione equilibrata, routine di sonno regolare e il limitare sostanze eccitanti (caffè, nicotina) o alcol contribuiscono a migliorare la resistenza allo stress. Ascolta i segnali del tuo corpo e non sentirti in colpa nel ritagliarti spazi per ricaricarti – la tua salute mentale ne gioverà e anche la tua performance lavorativa a lungo termine.

Prenota un appuntamento: Se ti riconosci in molti dei sintomi descritti o senti di non farcela più, non affrontare il burnout da solo. Parlane con uno dei professionisti di My Mental Care: insieme potrete valutare la tua situazione e intraprendere un percorso su misura per ritrovare benessere ed equilibrio.


Domande frequenti sulla sindrome da burnout

Il burnout è una malattia riconosciuta?

Il burnout non è classificato come malattia mentale nel DSM-5, tuttavia l'OMS lo riconosce ufficialmente come fenomeno legato al lavoro che può compromettere la salute.

In pratica, significa che un medico potrebbe diagnosticare disturbi correlati (es. depressione, ansia) e attestare che sono causati dallo stress lavorativo. Anche senza un'etichetta formale, il burnout è ben noto ai professionisti e va preso sul serio tanto quanto una patologia, intervenendo con supporto psicologico e misure sul lavoro.

Come faccio a capire se soffro di burnout oppure è "solo stress"?

Lo stress può essere temporaneo e avere anche effetti positivi (ci aiuta a reagire alle sfide), mentre il burnout è uno stato di esaurimento persistente. Se ti senti stanco ogni giorno, cinico verso il lavoro, demotivato e inefficace da settimane o mesi, potresti essere in burnout.

Nello stress "normale" di solito i sintomi si attenuano con il riposo o a fine progetto; nel burnout invece ti svegli già senza energie, provi apatia o negatività costanti verso il lavoro e nulla sembra piò farti recuperare. In dubbio, meglio confrontarsi con uno psicologo per una valutazione professionale.

Quanto tempo ci vuole per guarire dal burnout?

Non esiste una risposta valida per tutti. La durata del burnout dipende dalla gravità dei sintomi e dalle risorse messe in campo per affrontarlo. In alcuni casi, iniziando a intervenire (terapia, cambiamenti nello stile di vita e nel lavoro), nel giro di qualche mese si possono ottenere miglioramenti significativi e uscire gradualmente dal burnout.

Se invece nulla cambia – la persona continua a essere esposta allo stesso stress e non riceve aiuto – il burnout può protrarsi a lungo, anche per un anno o più. L'importante è non avere fretta: il recupero avviene a piccoli passi. Con il supporto adeguato, ogni settimana si noterà un progresso (più energia, più positività) fino a tornare a stare bene.

Cosa posso fare in prima persona per prevenire il burnout?

In gran parte, prevenire il burnout significa prevenire lo stress cronico. Molto si può fare con piccoli accorgimenti quotidiani: organizza la tua giornata dando priorità ai compiti più importanti (non ridurti sempre all'ultimo minuto), delega quando possibile e impara a dire qualche "no" se hai troppi incarichi.

Coltiva interessi e attività extra-lavorative che ti diano soddisfazione, così che il lavoro non sia il tuo unico pensiero. Tieni d'occhio i segnali di affaticamento e non trascurare mai riposo, svago e salute. Infine, se senti che la pressione sta diventando troppa, parlane con qualcuno (collega, HR, uno psicologo): chiedere supporto presto può evitare di scivolare nel burnout.

Il burnout può colpire solo sul lavoro o anche in altri contesti?

Il termine burnout viene usato principalmente in riferimento all'ambito lavorativo. Tuttavia, concettualmente indica un esaurimento da stress cronico in un qualsiasi ruolo di forte responsabilità o carico emotivo. Ad esempio si parla talvolta di burnout genitoriale per indicare quei genitori completamente esausti e sopraffatti dalle esigenze familiari.

Oppure si può sperimentare burnout in attività di volontariato molto intense. In generale però, fuori dal contesto lavorativo si preferisce usare altri termini (come "esaurimento nervoso" o stress cronico). Nel linguaggio comune, molte persone dicono di sentirsi "bruciate" o "in burnout" anche per situazioni personali: il significato è sempre quello di essere esausti, senza energie e distanti emotivamente da ciò che si sta facendo.