Dipendenze: come riconoscerle, affrontarle e uscirne

Giovane donna preoccupata seduta su un letto - simbolo delle difficoltà legate alle dipendenze

Sapevi che in Italia oltre 14 milioni di persone hanno provato droghe almeno una volta nella vita e circa 235.000 sono attualmente in cura per una dipendenza patologica? Queste cifre allarmanti fotografano l’impatto diffuso delle dipendenze nel nostro Paese. Dietro ogni numero c’è una storia personale: giovani e adulti intrappolati nell’abuso di sostanze (alcol, droghe, farmaci) o di comportamenti compulsivi (gioco d’azzardo, Internet, shopping compulsivo).

In tutti i casi, la dipendenza può compromettere gravemente la salute, le relazioni e la qualità di vita di una persona. Vediamo dunque cos’è una dipendenza, come incide sulla vita quotidiana, quali segnali permettono di riconoscerla, le cause e i fattori di rischio, e soprattutto quali strategie di trattamento e supporto possono aiutare a uscirne.

Cos’è una dipendenza (definizione)

La dipendenza patologica è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “una condizione psichica, talvolta anche fisica, derivante dall’interazione tra un organismo vivente e una sostanza tossica, caratterizzata da risposte comportamentali e altre reazioni che comprendono sempre un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provarne gli effetti psichici ed evitare il malessere della privazione”. In parole semplici, la dipendenza è uno stato in cui una persona perde il controllo rispetto a una certa sostanza o attività, sentendo il bisogno irresistibile di ripeterne l’uso nonostante le conseguenze negative.

Importante: esistono sia dipendenze da sostanze (tossicodipendenza da droghe illegali, alcolismo, tabagismo, uso improprio di farmaci, ecc.) sia dipendenze comportamentali (dette anche dipendenze senza sostanza), in cui l’oggetto non è una droga chimica ma un’attività gratificante. In questi casi, che includono ad esempio il gioco d’azzardo patologico (ludopatia), la dipendenza da sesso, da Internet, da shopping o lavoro compulsivo, i meccanismi psicologici sono simili a quelli delle tossicodipendenze. Tanto che le “new addiction” (nuove forme di dipendenza comportamentale) sono oggi al centro dell’attenzione medica: ad esempio, l’OMS ha recentemente riconosciuto la dipendenza da videogiochi (gaming disorder) come disturbo ufficiale nell’ICD-11, accanto al gioco d’azzardo patologico (fonte: ISS).

Perché la dipendenza incide sulla vita

Una dipendenza non è un “vizio” passeggero, ma un fenomeno che invade ogni aspetto della vita di una persona. Sul piano fisico, l’uso continuativo di sostanze può causare gravi danni: le tossicodipendenze sono associate a un aumento di malattie infettive, problemi cardiovascolari, disturbi psichiatrici, incidenti e un elevato rischio di morte prematura (si stimano circa 600.000 decessi l’anno nel mondo dovuti all’uso di droghe). Anche le dipendenze da alcol e tabacco contribuiscono pesantemente alla mortalità e morbilità (cirrosi epatica, tumori, malattie cardiache, ecc.). Sul piano psicologico e sociale, la dipendenza tende a dominare i pensieri e il comportamento dell’individuo: l’oggetto dell’addiction diventa così centrale che tutto il resto, lavoro, studio, famiglia, amicizie, passa in secondo piano. Ciò porta a conflitti relazionali (ad esempio litigi familiari, isolamento dagli amici), difficoltà economiche (spese e debiti legati all’uso o al gioco), problemi legali (guida in stato di ebbrezza, reati connessi alla droga) e un generale declino della qualità di vita. In sintesi, la dipendenza minaccia il benessere globale della persona, erodendo progressivamente salute, affetti e prospettive future. Non sorprende che gli esperti la considerino una delle maggiori sfide di salute pubblica a livello mondiale.

Sintomi e segnali principali di dipendenza

Come riconoscere una dipendenza? Esistono segnali caratteristici, comuni ai vari tipi di addiction, che indicano quando un comportamento o l’uso di una sostanza sono diventati patologici. Ecco i principali sintomi e indicatori, fisici, psicologici ed emotivi, comportamentali, da tenere d’occhio:

Segnali fisici

  • Tolleranza crescente: bisogno di dosi o quantità sempre maggiori della sostanza/comportamento per ottenere lo stesso effetto di piacere. Il corpo si abitua, per cui ciò che all’inizio bastava, col tempo non è più sufficiente.

  • Sindrome d’astinenza: comparsa di sintomi fisici e psichici spiacevoli quando si cerca di ridurre o interrompere l’uso. Ad esempio tremori, sudorazione, nausea, insonnia, agitazione, umore depresso o irritabile. Questi sintomi di astinenza spingono la persona a cercare sollievo tornando ad assumere la sostanza (o a mettere in atto il comportamento).

  • Segni somatici dello stress: in fase di craving o astinenza possono manifestarsi tachicardia o al contrario bradicardia, disturbi del sonno, cambi di appetito, mal di testa, affaticamento e altri disturbi corporei legati allo stato di tensione interna. Nel lungo termine, l’abuso di sostanze provoca anche deterioramento fisico generale (calo di peso, trascuratezza nell’aspetto, problemi di salute cronici).

Segnali psicologici (emotivi)

  • Craving (desiderio compulsivo): è l’impulso travolgente a consumare la sostanza o a compiere l’azione da cui si è dipendenti. Si presenta come un pensiero fisso accompagnato da intensa tensione emotiva che precede l’assunzione. Il craving può scatenarsi anche dopo periodi di astinenza, innescato da trigger (stimoli associati alla dipendenza, es. vedere immagini, trovarsi in certi luoghi).

  • Perdita di controllo: incapacità di limitare volontariamente l’uso. La persona prova a smettere o ridurre, ma non ci riesce, oppure ricade dopo un periodo di astinenza. Si sente incapace di resistere all’impulso nonostante i buoni propositi. Questa perdita di controllo alimenta sentimenti di colpa e vergogna.

  • Alterazioni dell’umore: la dipendenza spesso si accompagna a sbalzi emotivi marcati. Si possono osservare irritabilità, ansia, agitazione o disforia (umore negativo) quando la persona non può soddisfare il bisogno. Viceversa, durante l’assunzione o l’atto compulsivo può provare euforia o sollievo momentaneo, seguito però da depressione o senso di vuoto.

Segnali comportamentali

  • Comportamento compulsivo e centralità dell’oggetto: la persona dedica gran parte del tempo e delle energie alla dipendenza, procurarsi la sostanza, consumarla, recuperare dagli effetti, o ripetere il comportamento (es. ore a giocare online, shopping smodato). L’attività di dipendenza diventa il centro della sua vita e condiziona la routine quotidiana.

  • Trascuratezza di responsabilità e interessi: un segnale chiave è l’abbandono di hobby, sport, impegni scolastici o lavorativi e relazioni sociali che prima erano importanti. La performance sul lavoro o a scuola cala; la persona può isolarsi dalla famiglia e dagli amici. Gli obblighi vengono spesso disattesi a causa dell’uso o del recupero (ad es. assenteismo per postumi di uso).

  • Continuazione nonostante le conseguenze: malgrado sia consapevole dei problemi causati (problemi di salute, difficoltà economiche, conflitti con i cari), il dipendente non riesce a fermarsi. Un criterio diagnostico fondamentale, infatti, è l’uso continuativo nonostante i danni fisici, psicologici o sociali provocati. Questo distingue la dipendenza da un semplice consumo occasionale o da un’abitudine.

  • Segretezza e negazione: spesso la persona minimizza o nasconde il proprio comportamento. Può mentire su quanto e quando consuma, evitare di parlarne o arrabbiarsi se viene messa di fronte al problema. La negazione è un meccanismo di difesa comune che ostacola la presa di coscienza.

Naturalmente ogni sostanza o condotta ha anche segnali specifici (ad es. nel gioco d’azzardo patologico: bugie sul denaro speso, tentativi di “rifarsi” le perdite, ecc.). Tuttavia, i sintomi sopra elencati forniscono un quadro generale valido per riconoscere quando si è di fronte a una dipendenza clinicamente significativa. Se noti più di questi segnali in te stesso o in qualcuno che conosci, potrebbe essere il momento di approfondire la situazione e chiedere aiuto.

Uomo solo su una panchina in un parco, espressione vuota, simbolo dell’isolamento da dipendenza

Possibili cause e fattori di rischio

Perché alcune persone sviluppano una dipendenza mentre altre no? Le cause sono complesse e multifattoriali, frutto dell’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali. In generale, aumentano il rischio di dipendenza questi elementi:

  • Vulnerabilità biologica e genetica: Le sostanze d’abuso agiscono su circuiti neurobiologici del cervello legati al piacere e alla ricompensa (principalmente il sistema della dopamina). Alcune persone possono avere una predisposizione genetica che le rende più sensibili a questi effetti o una naturale tendenza alla ricerca di sensazioni forti. Inoltre, l’uso continuativo provoca adattamenti nel cervello (sensitizzazione, ridotta sensibilità al piacere naturale, ecc.) che alimentano il craving e rendono fisiologicamente difficile smettere (fonte: Organizzazione Mondiale della Sanità). Questa alterazione neurobiologica aiuta a spiegare perché la dipendenza è una malattia cronica recidivante, con tendenza alle ricadute.

  • Fattori individuali e psicologici: Tra le cause spesso c’è una componente di fragilità emotiva o di personalità. Traumi psicologici precoci, abusi, depressione, ansia o altri disturbi mentali possono predisporre all’uso di sostanze come forma di automedicazione per alleviare il dolore emotivo. Bassa autostima, impulsività marcata, difficoltà a gestire stress o rabbia, ricerca continua di successo o approvazione sono tratti che possono spingere verso comportamenti di dipendenza. Ogni caso è a sé, ma quasi sempre la dipendenza “riempie un vuoto” o diventa uno strumento per affrontare un disagio sottostante.

  • Fattori socio-ambientali: L’ambiente gioca un ruolo cruciale. Crescere in una famiglia in cui vi sono già dipendenze (es. un genitore alcolista) aumenta il rischio sia per vulnerabilità genetica sia per modello appreso. Contesti di vita ad alto stress, conflitti familiari, abusi, precarietà economica, emarginazione sociale, possono favorire la fuga nella dipendenza. Anche le compagnie e la pressione del gruppo incidono: iniziare a bere o usare droghe in adolescenza perché lo fanno gli amici è un copione comune. La facile disponibilità delle sostanze (es. in determinate comunità o luoghi di lavoro) e la cultura che ne banalizza l’uso (pensiamo all’alcol socialmente accettato, o al gioco online pubblicizzato aggressivamente) creano terreno fertile. Viceversa, forti reti di supporto, attività alternative sane e un contesto normativo rigido sull’accesso possono essere fattori protettivi.

In sintesi, la dipendenza non ha una sola causa, ma nasce dalla convergenza di più fattori di vulnerabilità. È importante sottolineare che nessuno sceglie volontariamente di diventare dipendente: spesso all’inizio c’è la ricerca di piacere o sollievo, ma col tempo il cervello “impara” la dipendenza e ne resta intrappolato. Comprendere le cause aiuta a superare lo stigma morale (“mancanza di volontà”) e a impostare un trattamento mirato su tutti i fronti rilevanti (ad esempio curando anche un eventuale disturbo d’ansia o depressione sottostante, migliorando il contesto di vita, etc.).

Quando (e soprattutto perché) chiedere aiuto

Riconoscere di avere un problema di dipendenza è il primo passo verso la guarigione, ma quando è il momento di chiedere aiuto a un professionista? Gli esperti sottolineano che è bene non aspettare il “fondo del barile”: prima si interviene, maggiori sono le probabilità di successo e minori i danni accumulati. È consigliabile rivolgersi a un medico o psicologo non appena ci si accorge che l’uso di una sostanza o un comportamento sta compromettendo in modo significativo la propria vita, sul piano fisico, mentale, lavorativo o relazionale, o quando non si riesce più a controllarlo da soli. Per esempio, se da mesi o anni si susseguono tentativi falliti di smettere, se la tolleranza e l’astinenza sono marcate, se la persona trascura lavoro, affetti e salute a causa della dipendenza, è il momento di cercare aiuto qualificato.

Molti esitano per vergogna o paura, ma è importante capire che la dipendenza è una malattia seria e come tale va trattata. “In caso di sospetto, chiedere di essere aiutati a capire meglio; in caso di diagnosi certa, iniziare un percorso di cura il prima possibile, proprio come si farebbe davanti al sospetto di un cancro o di un infarto”, avvertono gli specialisti. Infatti, la dipendenza patologica può essere altrettanto invalidante o mortale se ignorata.

Un altro segnale che indica la necessità di aiuto è quando i familiari o le persone vicine esprimono preoccupazione. Spesso chi è dentro la dipendenza tende a negarla (“posso smettere quando voglio”) e non si accorge della gravità: se più persone di fiducia ti fanno notare il problema, prendilo sul serio. I professionisti (medici di base, psicologi, psichiatri, specialisti dei SerD – Servizi per le Dipendenze) hanno strumenti per valutare in modo oggettivo la situazione e indicare se serve un trattamento.

Ricorda: chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di coraggio. La dipendenza tende ad auto-alimentarsi e peggiorare nel tempo; interrompere da soli il circolo vizioso può essere estremamente difficile. Affidarsi a un esperto consente di avere una diagnosi corretta, capire quale percorso terapeutico è più adatto e soprattutto essere accompagnati passo passo nel cambiamento. Prima lo si fa, più alta è la possibilità di tornare a una vita libera dalla dipendenza.

Approcci di trattamento delle dipendenze

Le dipendenze sono malattie complesse ma curabili: non esiste una bacchetta magica, ma numerosi interventi efficaci possono aiutare le persone a riprendere il controllo della propria vita. Data la natura multifattoriale del problema, spesso è necessario un approccio integrato e multidisciplinare, che affronti sia gli aspetti fisici che quelli psicologici e sociali dell’addiction. Vediamo ora quali sono i principali approcci di trattamento comprovati.

Psicoterapia individuale

È il pilastro fondamentale per molte dipendenze, in particolare quelle comportamentali e la dipendenza da sostanze leggere o in fase iniziale. La psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT), ad esempio, si è dimostrata molto efficace nell’aiutare i pazienti a riconoscere e modificare i pensieri e i comportamenti legati alla dipendenza. Attraverso tecniche di coping, problem solving e prevenzione delle ricadute, la CBT insegna a gestire il craving, evitare i trigger e sviluppare strategie alternative all’uso della sostanza/comportamento. Anche il colloquio motivazionale è spesso utilizzato, soprattutto nelle fasi iniziali, per rafforzare la motivazione al cambiamento e la fiducia nella possibilità di riuscita. Altri approcci psicoterapeutici basati sull’evidenza includono le terapie di terza onda (ad esempio la Mindfulness-Based Relapse Prevention, focalizzata sulla mindfulness per prevenire le ricadute) e, quando indicato, la terapia familiare (utile soprattutto nei giovani, coinvolge i familiari nel supporto al cambiamento). L’obiettivo della psicoterapia è non solo l’astinenza dall’oggetto di dipendenza, ma anche la costruzione di uno stile di vita nuovo e sano, lavorando sulle cause emotive del comportamento e sulle abilità per fronteggiare lo stress senza ricadere nell’abuso.

Trattamenti farmacologici

Per alcune dipendenze da sostanze esistono farmaci di provata utilità che affiancano la psicoterapia. Ad esempio, nel disturbo da uso di oppiacei si utilizzano terapie sostitutive con oppioidi a lunga durata d’azione (metadone, buprenorfina) per stabilizzare il paziente e ridurre il craving; nell’alcolismo farmaci come naltrexone e acamprosato possono aiutare a prevenire le ricadute; nel tabagismo si ricorre a terapia nicotinica sostitutiva, bupropione o vareniclina. Questi trattamenti medici servono a gestire i sintomi di astinenza e ridurre il rinforzo positivo delle sostanze, aumentando le chance di successo. È fondamentale che la prescrizione e il monitoraggio siano effettuati da un medico specializzato (solitamente psichiatra), all’interno di un piano di cura personalizzato. In parallelo, va trattata ogni eventuale patologia psichiatrica coesistente (ad es. disturbo depressivo, disturbo d’ansia) con le terapie specifiche, perché spesso i problemi si alimentano a vicenda.

Interventi di gruppo e auto-mutuo aiuto

Molte persone trovano giovamento nel confrontarsi con altri individui che vivono lo stesso problema. I gruppi di terapia guidati da uno psicologo (gruppi supportivi o cognitivo-comportamentali) permettono di condividere esperienze, ottenere feedback dai pari e sentirsi meno soli nel percorso di recupero. Anche i gruppi di auto-aiuto come Alcolisti Anonimi (AA), Narcotici Anonimi o Giocatori Anonimi offrono un ambiente solidale dove i membri, accomunati dalla dipendenza, si sostengono reciprocamente seguendo programmi in 12 passi. Questi programmi non hanno base scientifica nel senso classico, ma hanno aiutato milioni di persone nel mondo offrendo sostegno emotivo, modelli di ruolo (sponsor) e un quadro di riferimento spirituale. Molti pazienti beneficiano di un approccio combinato: terapia professionale + partecipazione a gruppi di supporto sul territorio.

Servizi residenziali e rehab

In casi di dipendenza grave, con pesanti compromissioni o alto rischio di ricaduta nell’ambiente abituale, può essere indicato un periodo di disintossicazione e riabilitazione in regime residenziale. Le Comunità Terapeutiche per le dipendenze offrono programmi intensivi di diverse settimane o mesi in cui il paziente vive in una struttura protetta, seguendo una routine strutturata di terapia, attività occupazionali, riabilitazione fisica e regole condivise. Questo allontanamento dall’ambiente può aiutare a interrompere il ciclo dell’abuso, specialmente per dipendenze da droghe pesanti (eroina, cocaina) o polidipendenze. Parallelamente, esistono i SerD (Servizi Pubblici per le Dipendenze) del Sistema Sanitario Nazionale, presenti in ogni provincia: qui équipe multidisciplinari (medici, psicologi, educatori, assistenti sociali) prendono in carico gratuitamente le persone con dipendenze, offrendo terapie ambulatoriali, sostegno medico e sociale, e inserimento in programmi personalizzati. Il percorso può quindi svolgersi interamente a livello ambulatoriale oppure prevedere una fase di comunità seguita dal rientro graduale a casa con supporto del SerD.

Approccio multidisciplinare integrato

Dato che non esiste un unico trattamento valido per tutti e la dipendenza coinvolge molteplici aspetti, oggi si propende per percorsi di cura integrati e su misura. Questo significa coinvolgere, se necessario, diverse figure professionali: medico psichiatra, per valutare e gestire con farmaci l’eventuale dipendenza e comorbidità; psicologo/psicoterapeuta, per la terapia cognitivo-comportamentale o altro supporto psicologico; educatore professionale o coach, per interventi pratici sulla routine di vita; assistente sociale, per problematiche lavorative, legali, abitative correlate. L’approccio integrato mira a coprire tutte le dimensioni del recupero: dall’astinenza fisica, alla riabilitazione psicologica, fino al reinserimento sociale. Studi e linee guida internazionali sottolineano l’importanza di una presa in carico globale basata su evidenze scientifiche. In pratica, guarire dalla dipendenza è possibile, ma richiede un percorso strutturato, determinazione personale e un valido sostegno medico-professionale lungo il cammino.

Terapeuta e paziente durante una seduta di psicoterapia di supporto alle dipendenze

Strategie pratiche e consigli di lifestyle

Uscire da una dipendenza è un percorso impegnativo, che richiede non solo terapie formali ma anche cambiamenti nello stile di vita e nelle abitudini quotidiane. Ecco alcune strategie pratiche, sostenute da evidenze, che possono aiutare a mantenere la rotta verso la guarigione (o anche a prevenirla fin dall’inizio):

  • Evitare i trigger e ristrutturare la routine: Identifica le situazioni, i luoghi e le compagnie che scatenano in te la voglia di usare (ad esempio, frequentare certi locali notturni o stare con amici che consumano). Riduci al minimo l’esposizione a questi fattori di rischio, soprattutto nei primi mesi di astinenza. Contemporaneamente, crea nuove abitudini sane per riempire il tempo lasciato libero dalla dipendenza: cambia percorso per tornare a casa se passi davanti al solito bar, frequenta ambienti positivi (es. palestre, biblioteche, gruppi culturali) e circondati di persone “pulite”. Costruire una vita quotidiana strutturata e prevedibile, con orari regolari, impegni e obiettivi, aiuta a non lasciare spazio al comportamento di dipendenza e a spezzare le associazioni mentali con il vecchio stile di vita. In pratica, se la sera era il momento critico in cui cedevi, ora pianifica per quell’ora un’attività alternativa (andare a correre, vedere un film al cinema con un amico, ecc.).

  • Coltivare una rete di supporto: Non combattere da solo. Coinvolgi familiari e amici di cui ti fidi nel tuo percorso di cambiamento. Parlare apertamente con una persona cara del tuo problema può alleggerire il peso emotivo e creare un importante alleato. Il supporto sociale è un fattore chiave nel prevenire le ricadute: avere qualcuno con cui condividere i progressi e le difficoltà, che ti incoraggi nei momenti di crisi e festeggi con te i traguardi, rafforza la motivazione a restare pulito. Se non hai una famiglia o amicizie solide, cerca gruppi di mutuo aiuto o comunità di recupero: sentirsi compresi e accettati da chi ha vissuto la stessa esperienza è estremamente benefico. Al contrario, prendi le distanze dalle persone che incoraggiano o normalizzano il tuo vecchio comportamento (colleghi di bevute, chat tossiche online, etc.), almeno finché non sarai abbastanza forte da non farti influenzare.

  • Gestione dello stress e delle emozioni in modo sano: Spesso la dipendenza fungeva da valvola di sfogo per ansia, depressione, rabbia o noia. È fondamentale imparare nuove modalità per affrontare le emozioni difficili senza ricorrere alla sostanza/comportamento. Tecniche di rilassamento come il training autogeno, esercizi di respirazione, o discipline mente-corpo (yoga, tai chi) possono ridurre la tensione e l’irrequietezza. In particolare, praticare la mindfulness (consapevolezza meditativa) aiuta a aumentare il controllo sugli impulsi: diversi studi mostrano che interventi basati sulla mindfulness diminuiscono il craving e favoriscono l’accettazione delle sensazioni senza reagire automaticamente ad esse. Ad esempio, nel momento in cui sale la voglia, esercizi di urge surfing (osservare l’impulso come un’onda che sale e scende) possono farlo passare. Anche la terapia cognitiva insegna a riconoscere i pensieri di ricaduta (“solo questa volta…”) e a rispondere in modo più funzionale. Inoltre, tenere un diario emotivo, dedicarsi ad attività espressive (arte, musica) o cercare conforto parlando con qualcuno nei momenti di sconforto, sono modi sani di elaborare le emozioni anziché soffocarle nell’abuso.

  • Attività fisica e cura del corpo: Numerose ricerche indicano che l’esercizio fisico regolare ha effetti benefici nel recupero dalle dipendenze. Fare sport libera endorfine e altri neurotrasmettitori del “benessere” che possono compensare in parte il vuoto lasciato dalla sostanza, migliorando l’umore e l’energia. Addirittura, uno studio ha evidenziato che anche una breve sessione di esercizio riduce nell’immediato il desiderio di alcol nei giovani adulti. Scegli un’attività che ti piaccia, che sia correre, nuotare, ballare o semplicemente camminare all’aria aperta, e inseriscila nella tua routine più volte a settimana. Oltre all’esercizio, prendersi cura della propria salute fisica in generale supporta il cervello nel guarire: segui una dieta equilibrata (spesso in dipendenza si trascurava l’alimentazione), dormi a sufficienza la notte per ristabilire i ritmi, e rivolgiti a medici per rimettere in sesto eventuali problemi di salute trascurati (denti, fegato, ecc.). Un corpo più sano rende anche la mente più resiliente allo stress e meno vulnerabile alle tentazioni.

  • Pianificazione e piccoli obiettivi quotidiani: All’inizio, l’idea di “non farlo mai più” può spaventare. Meglio concentrarsi su un giorno alla volta, ponendosi obiettivi realistici e raggiungibili. Ad esempio: “Oggi andrò alla riunione del gruppo invece di bere”, oppure “questa settimana uscirò a cena coi miei amici senza giocare alle slot”. Ogni giorno di successo è una vittoria che va riconosciuta e celebrata, concediti qualche ricompensa sana per i progressi (es. un piccolo regalo con i soldi risparmiati non comprando sigarette). Tieni traccia dei miglioramenti, perché nei momenti difficili potrai riguardarli per ricordarti quanta strada hai fatto. Se capita una scivolata o ricaduta, non viverla come un fallimento totale: fa parte del percorso. Analizza cosa l’ha provocata e pianifica come evitare che riaccada, magari intensificando il supporto (più sedute dal terapeuta, coinvolgendo maggiormente i familiari, ecc.). Mantieni un atteggiamento positivo e resiliente: la dipendenza è insidiosa, ma con pazienza e perseveranza puoi riconquistare la libertà. Ogni piccolo passo conta.

Prenota un appuntamento. Se ti riconosci in questa descrizione o sei preoccupato per qualcuno a te caro, non aspettare oltre: prenota un appuntamento con i professionisti di My Mental Care. Il nostro team multidisciplinare (psicologi, psichiatri e specialisti delle dipendenze) ti accoglierà in modo empatico e senza giudizio, valutando la tua situazione specifica e aiutandoti a ritrovare il controllo. Ricorda, chiedere aiuto è il primo coraggioso passo verso una vita più sana e soddisfacente, e noi siamo qui per percorrerlo insieme a te.


Domande frequenti sulle dipendenze

Quali sono i principali segnali di una dipendenza?

I segnali principali includono desiderio incontrollabile (craving), aumento della tolleranza, sintomi di astinenza e perdita di controllo. La persona continua nonostante le conseguenze negative e inizia a trascurare scuola, lavoro, relazioni e interessi.

Una dipendenza si riconosce quando un comportamento o una sostanza diventano centrali nella vita quotidiana, togliendo spazio a tutto il resto. La persona sente di non poter più farne a meno e continua anche se sa che le sta causando danni.

Altri segnali comuni sono l’incapacità di ridurre o interrompere l’uso, la negazione del problema, l’isolamento e il deterioramento della qualità della vita. Quando la libertà personale viene meno, è il momento di intervenire.

Perché si diventa dipendenti?

Le dipendenze nascono da un insieme di fattori: predisposizione biologica, sofferenza psicologica e contesto sociale. Quando questi elementi si combinano e mancano protezioni adeguate, il rischio di sviluppare una dipendenza aumenta.

Alcune persone sono più vulnerabili a livello neurologico: ad esempio, producono meno dopamina naturale e cercano forti stimoli per colmare un vuoto interno. Questo le espone maggiormente agli effetti delle sostanze o dei comportamenti compulsivi.

Anche fattori psicologici come traumi, ansia, depressione o bassa autostima giocano un ruolo importante. Se poi si cresce in un ambiente in cui le droghe sono facilmente accessibili o il disagio è diffuso, il rischio aumenta ulteriormente.

Come si può uscire da una dipendenza?

Si può uscire da una dipendenza con un percorso strutturato che include consapevolezza del problema, supporto terapeutico, cambiamenti nello stile di vita e sostegno sociale. Le ricadute sono possibili, ma superabili.

Il primo passo è riconoscere la dipendenza e motivarsi al cambiamento. Da lì si inizia un percorso guidato da specialisti, spesso composto da psicoterapia individuale, sostegno medico e, se serve, farmaci per gestire sintomi e craving.

È importante costruire nuove abitudini sane, evitare situazioni a rischio e circondarsi di persone positive. Gruppi di auto-mutuo aiuto e relazioni di supporto possono fare una grande differenza nel mantenere la motivazione nel tempo.

Quando è il caso di rivolgersi a uno specialista?

È consigliabile rivolgersi a uno specialista non appena si avverte una perdita di controllo o si notano conseguenze negative nella propria vita. Intervenire presto aumenta le probabilità di successo.

Spesso si sottovaluta il problema o si tenta più volte di uscirne da soli senza riuscirci. Se compaiono bugie, isolamento, astinenza o effetti gravi su salute, lavoro o relazioni, è il momento di chiedere aiuto.

Anche un solo colloquio conoscitivo può aiutare a comprendere meglio la situazione e attivare un percorso mirato. Non è necessario “toccare il fondo”: prima si agisce, più è semplice uscirne.

Le dipendenze comportamentali (senza sostanza) sono davvero serie?

Sì, le dipendenze comportamentali possono essere tanto gravi quanto quelle da sostanza. Possono compromettere la salute mentale, le relazioni, il rendimento lavorativo o scolastico e la stabilità economica.

Il gioco d’azzardo, l’uso compulsivo di Internet, il sesso o lo shopping attivano gli stessi circuiti cerebrali coinvolti nelle dipendenze da droga. Si manifestano craving, aumento della tolleranza e astinenza psicologica, proprio come con le sostanze.

Anche se meno visibili, queste forme di dipendenza sono riconosciute dalla comunità scientifica e trattabili con approcci psicoterapeutici efficaci, in particolare la terapia cognitivo-comportamentale. Ignorarle può portare a danni seri nel tempo.