Sapevi che in Italia oltre 14 milioni di persone hanno provato droghe almeno una volta nella vita e circa 235.000 sono attualmente in cura per una dipendenza patologica? Queste cifre allarmanti fotografano l’impatto diffuso delle dipendenze nel nostro Paese. Dietro ogni numero c’è una storia personale: giovani e adulti intrappolati nell’abuso di sostanze (alcol, droghe, farmaci) o di comportamenti compulsivi (gioco d’azzardo, Internet, shopping compulsivo).
In tutti i casi, la dipendenza può compromettere gravemente la salute, le relazioni e la qualità di vita di una persona. Vediamo dunque cos’è una dipendenza, come incide sulla vita quotidiana, quali segnali permettono di riconoscerla, le cause e i fattori di rischio, e soprattutto quali strategie di trattamento e supporto possono aiutare a uscirne.
La dipendenza patologica è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “una condizione psichica, talvolta anche fisica, derivante dall’interazione tra un organismo vivente e una sostanza tossica, caratterizzata da risposte comportamentali e altre reazioni che comprendono sempre un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provarne gli effetti psichici ed evitare il malessere della privazione”. In parole semplici, la dipendenza è uno stato in cui una persona perde il controllo rispetto a una certa sostanza o attività, sentendo il bisogno irresistibile di ripeterne l’uso nonostante le conseguenze negative.
Importante: esistono sia dipendenze da sostanze (tossicodipendenza da droghe illegali, alcolismo, tabagismo, uso improprio di farmaci, ecc.) sia dipendenze comportamentali (dette anche dipendenze senza sostanza), in cui l’oggetto non è una droga chimica ma un’attività gratificante. In questi casi, che includono ad esempio il gioco d’azzardo patologico (ludopatia), la dipendenza da sesso, da Internet, da shopping o lavoro compulsivo, i meccanismi psicologici sono simili a quelli delle tossicodipendenze. Tanto che le “new addiction” (nuove forme di dipendenza comportamentale) sono oggi al centro dell’attenzione medica: ad esempio, l’OMS ha recentemente riconosciuto la dipendenza da videogiochi (gaming disorder) come disturbo ufficiale nell’ICD-11, accanto al gioco d’azzardo patologico (fonte: ISS).
Una dipendenza non è un “vizio” passeggero, ma un fenomeno che invade ogni aspetto della vita di una persona. Sul piano fisico, l’uso continuativo di sostanze può causare gravi danni: le tossicodipendenze sono associate a un aumento di malattie infettive, problemi cardiovascolari, disturbi psichiatrici, incidenti e un elevato rischio di morte prematura (si stimano circa 600.000 decessi l’anno nel mondo dovuti all’uso di droghe). Anche le dipendenze da alcol e tabacco contribuiscono pesantemente alla mortalità e morbilità (cirrosi epatica, tumori, malattie cardiache, ecc.). Sul piano psicologico e sociale, la dipendenza tende a dominare i pensieri e il comportamento dell’individuo: l’oggetto dell’addiction diventa così centrale che tutto il resto, lavoro, studio, famiglia, amicizie, passa in secondo piano. Ciò porta a conflitti relazionali (ad esempio litigi familiari, isolamento dagli amici), difficoltà economiche (spese e debiti legati all’uso o al gioco), problemi legali (guida in stato di ebbrezza, reati connessi alla droga) e un generale declino della qualità di vita. In sintesi, la dipendenza minaccia il benessere globale della persona, erodendo progressivamente salute, affetti e prospettive future. Non sorprende che gli esperti la considerino una delle maggiori sfide di salute pubblica a livello mondiale.
Come riconoscere una dipendenza? Esistono segnali caratteristici, comuni ai vari tipi di addiction, che indicano quando un comportamento o l’uso di una sostanza sono diventati patologici. Ecco i principali sintomi e indicatori, fisici, psicologici ed emotivi, comportamentali, da tenere d’occhio:
Naturalmente ogni sostanza o condotta ha anche segnali specifici (ad es. nel gioco d’azzardo patologico: bugie sul denaro speso, tentativi di “rifarsi” le perdite, ecc.). Tuttavia, i sintomi sopra elencati forniscono un quadro generale valido per riconoscere quando si è di fronte a una dipendenza clinicamente significativa. Se noti più di questi segnali in te stesso o in qualcuno che conosci, potrebbe essere il momento di approfondire la situazione e chiedere aiuto.
Perché alcune persone sviluppano una dipendenza mentre altre no? Le cause sono complesse e multifattoriali, frutto dell’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali. In generale, aumentano il rischio di dipendenza questi elementi:
In sintesi, la dipendenza non ha una sola causa, ma nasce dalla convergenza di più fattori di vulnerabilità. È importante sottolineare che nessuno sceglie volontariamente di diventare dipendente: spesso all’inizio c’è la ricerca di piacere o sollievo, ma col tempo il cervello “impara” la dipendenza e ne resta intrappolato. Comprendere le cause aiuta a superare lo stigma morale (“mancanza di volontà”) e a impostare un trattamento mirato su tutti i fronti rilevanti (ad esempio curando anche un eventuale disturbo d’ansia o depressione sottostante, migliorando il contesto di vita, etc.).
Riconoscere di avere un problema di dipendenza è il primo passo verso la guarigione, ma quando è il momento di chiedere aiuto a un professionista? Gli esperti sottolineano che è bene non aspettare il “fondo del barile”: prima si interviene, maggiori sono le probabilità di successo e minori i danni accumulati. È consigliabile rivolgersi a un medico o psicologo non appena ci si accorge che l’uso di una sostanza o un comportamento sta compromettendo in modo significativo la propria vita, sul piano fisico, mentale, lavorativo o relazionale, o quando non si riesce più a controllarlo da soli. Per esempio, se da mesi o anni si susseguono tentativi falliti di smettere, se la tolleranza e l’astinenza sono marcate, se la persona trascura lavoro, affetti e salute a causa della dipendenza, è il momento di cercare aiuto qualificato.
Molti esitano per vergogna o paura, ma è importante capire che la dipendenza è una malattia seria e come tale va trattata. “In caso di sospetto, chiedere di essere aiutati a capire meglio; in caso di diagnosi certa, iniziare un percorso di cura il prima possibile, proprio come si farebbe davanti al sospetto di un cancro o di un infarto”, avvertono gli specialisti. Infatti, la dipendenza patologica può essere altrettanto invalidante o mortale se ignorata.
Un altro segnale che indica la necessità di aiuto è quando i familiari o le persone vicine esprimono preoccupazione. Spesso chi è dentro la dipendenza tende a negarla (“posso smettere quando voglio”) e non si accorge della gravità: se più persone di fiducia ti fanno notare il problema, prendilo sul serio. I professionisti (medici di base, psicologi, psichiatri, specialisti dei SerD – Servizi per le Dipendenze) hanno strumenti per valutare in modo oggettivo la situazione e indicare se serve un trattamento.
Ricorda: chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di coraggio. La dipendenza tende ad auto-alimentarsi e peggiorare nel tempo; interrompere da soli il circolo vizioso può essere estremamente difficile. Affidarsi a un esperto consente di avere una diagnosi corretta, capire quale percorso terapeutico è più adatto e soprattutto essere accompagnati passo passo nel cambiamento. Prima lo si fa, più alta è la possibilità di tornare a una vita libera dalla dipendenza.
Le dipendenze sono malattie complesse ma curabili: non esiste una bacchetta magica, ma numerosi interventi efficaci possono aiutare le persone a riprendere il controllo della propria vita. Data la natura multifattoriale del problema, spesso è necessario un approccio integrato e multidisciplinare, che affronti sia gli aspetti fisici che quelli psicologici e sociali dell’addiction. Vediamo ora quali sono i principali approcci di trattamento comprovati.
È il pilastro fondamentale per molte dipendenze, in particolare quelle comportamentali e la dipendenza da sostanze leggere o in fase iniziale. La psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT), ad esempio, si è dimostrata molto efficace nell’aiutare i pazienti a riconoscere e modificare i pensieri e i comportamenti legati alla dipendenza. Attraverso tecniche di coping, problem solving e prevenzione delle ricadute, la CBT insegna a gestire il craving, evitare i trigger e sviluppare strategie alternative all’uso della sostanza/comportamento. Anche il colloquio motivazionale è spesso utilizzato, soprattutto nelle fasi iniziali, per rafforzare la motivazione al cambiamento e la fiducia nella possibilità di riuscita. Altri approcci psicoterapeutici basati sull’evidenza includono le terapie di terza onda (ad esempio la Mindfulness-Based Relapse Prevention, focalizzata sulla mindfulness per prevenire le ricadute) e, quando indicato, la terapia familiare (utile soprattutto nei giovani, coinvolge i familiari nel supporto al cambiamento). L’obiettivo della psicoterapia è non solo l’astinenza dall’oggetto di dipendenza, ma anche la costruzione di uno stile di vita nuovo e sano, lavorando sulle cause emotive del comportamento e sulle abilità per fronteggiare lo stress senza ricadere nell’abuso.
Per alcune dipendenze da sostanze esistono farmaci di provata utilità che affiancano la psicoterapia. Ad esempio, nel disturbo da uso di oppiacei si utilizzano terapie sostitutive con oppioidi a lunga durata d’azione (metadone, buprenorfina) per stabilizzare il paziente e ridurre il craving; nell’alcolismo farmaci come naltrexone e acamprosato possono aiutare a prevenire le ricadute; nel tabagismo si ricorre a terapia nicotinica sostitutiva, bupropione o vareniclina. Questi trattamenti medici servono a gestire i sintomi di astinenza e ridurre il rinforzo positivo delle sostanze, aumentando le chance di successo. È fondamentale che la prescrizione e il monitoraggio siano effettuati da un medico specializzato (solitamente psichiatra), all’interno di un piano di cura personalizzato. In parallelo, va trattata ogni eventuale patologia psichiatrica coesistente (ad es. disturbo depressivo, disturbo d’ansia) con le terapie specifiche, perché spesso i problemi si alimentano a vicenda.
Molte persone trovano giovamento nel confrontarsi con altri individui che vivono lo stesso problema. I gruppi di terapia guidati da uno psicologo (gruppi supportivi o cognitivo-comportamentali) permettono di condividere esperienze, ottenere feedback dai pari e sentirsi meno soli nel percorso di recupero. Anche i gruppi di auto-aiuto come Alcolisti Anonimi (AA), Narcotici Anonimi o Giocatori Anonimi offrono un ambiente solidale dove i membri, accomunati dalla dipendenza, si sostengono reciprocamente seguendo programmi in 12 passi. Questi programmi non hanno base scientifica nel senso classico, ma hanno aiutato milioni di persone nel mondo offrendo sostegno emotivo, modelli di ruolo (sponsor) e un quadro di riferimento spirituale. Molti pazienti beneficiano di un approccio combinato: terapia professionale + partecipazione a gruppi di supporto sul territorio.
In casi di dipendenza grave, con pesanti compromissioni o alto rischio di ricaduta nell’ambiente abituale, può essere indicato un periodo di disintossicazione e riabilitazione in regime residenziale. Le Comunità Terapeutiche per le dipendenze offrono programmi intensivi di diverse settimane o mesi in cui il paziente vive in una struttura protetta, seguendo una routine strutturata di terapia, attività occupazionali, riabilitazione fisica e regole condivise. Questo allontanamento dall’ambiente può aiutare a interrompere il ciclo dell’abuso, specialmente per dipendenze da droghe pesanti (eroina, cocaina) o polidipendenze. Parallelamente, esistono i SerD (Servizi Pubblici per le Dipendenze) del Sistema Sanitario Nazionale, presenti in ogni provincia: qui équipe multidisciplinari (medici, psicologi, educatori, assistenti sociali) prendono in carico gratuitamente le persone con dipendenze, offrendo terapie ambulatoriali, sostegno medico e sociale, e inserimento in programmi personalizzati. Il percorso può quindi svolgersi interamente a livello ambulatoriale oppure prevedere una fase di comunità seguita dal rientro graduale a casa con supporto del SerD.
Dato che non esiste un unico trattamento valido per tutti e la dipendenza coinvolge molteplici aspetti, oggi si propende per percorsi di cura integrati e su misura. Questo significa coinvolgere, se necessario, diverse figure professionali: medico psichiatra, per valutare e gestire con farmaci l’eventuale dipendenza e comorbidità; psicologo/psicoterapeuta, per la terapia cognitivo-comportamentale o altro supporto psicologico; educatore professionale o coach, per interventi pratici sulla routine di vita; assistente sociale, per problematiche lavorative, legali, abitative correlate. L’approccio integrato mira a coprire tutte le dimensioni del recupero: dall’astinenza fisica, alla riabilitazione psicologica, fino al reinserimento sociale. Studi e linee guida internazionali sottolineano l’importanza di una presa in carico globale basata su evidenze scientifiche. In pratica, guarire dalla dipendenza è possibile, ma richiede un percorso strutturato, determinazione personale e un valido sostegno medico-professionale lungo il cammino.
Uscire da una dipendenza è un percorso impegnativo, che richiede non solo terapie formali ma anche cambiamenti nello stile di vita e nelle abitudini quotidiane. Ecco alcune strategie pratiche, sostenute da evidenze, che possono aiutare a mantenere la rotta verso la guarigione (o anche a prevenirla fin dall’inizio):
Prenota un appuntamento. Se ti riconosci in questa descrizione o sei preoccupato per qualcuno a te caro, non aspettare oltre: prenota un appuntamento con i professionisti di My Mental Care. Il nostro team multidisciplinare (psicologi, psichiatri e specialisti delle dipendenze) ti accoglierà in modo empatico e senza giudizio, valutando la tua situazione specifica e aiutandoti a ritrovare il controllo. Ricorda, chiedere aiuto è il primo coraggioso passo verso una vita più sana e soddisfacente, e noi siamo qui per percorrerlo insieme a te.