Circa il 15–20% degli adulti soffre di procrastinazione cronica, e tra i più giovani la quota sale fino al 75%. Rimandare continuamente impegni e decisioni è un fenomeno molto diffuso, ma può avere un impatto serio sul benessere quotidiano (fonte: Repubblica).
Scopriamo cos’è la procrastinazione, perché incide sulla nostra vita, quali sono i sintomi e le cause principali, quando chiedere aiuto e quali strategie scientifiche aiutano a smettere di procrastinare.
Cos’è la procrastinazione
In psicologia la procrastinazione si definisce come la tendenza a ritardare volontariamente un’azione necessaria, nonostante il sapere che questo rinvio possa comportare conseguenze negative a lungo termine. In altre parole, è l’atto di rimandare un compito importante preferendo invece attività più piacevoli o meno urgenti nell’immediato. Chi procrastina sceglie il piccolo piacere immediato (es. scrollare i social, riordinare la scrivania) al posto del compito realmente prioritario, “sacrificando” così i benefici futuri per un sollievo temporaneo.
Perché incide sulla vita quotidiana
All’inizio procrastinare può sembrare innocuo o addirittura vantaggioso, si evita lo stress del compito sgradito, ma col tempo questa abitudine erode vari ambiti della vita quotidiana. Quando rimandare diventa la regola, produttività e rendimento ne risentono: al lavoro o nello studio si accumulano ritardi, scadenze mancate e occasioni perse. Nella vita personale, il procrastinare sistematico mina la fiducia in se stessi e impedisce di raggiungere obiettivi e realizzare progetti importanti, portando spesso a sentimenti di colpa e frustrazione. Studi recenti dimostrano inoltre che i procrastinatori incalliti riportano livelli più elevati di stress e ansia, oltre a maggiori disturbi psicosomatici (come mal di testa, insonnia o tensioni muscolari) rispetto a chi non rimanda. In pratica, procrastinare ha un costo elevato: alimenta un circolo vizioso di ansia crescente e diminuzione del benessere psicofisico, riducendo la qualità della vita di chi ne soffre.

Nota: Non illudiamoci con la frase “lavoro meglio sotto pressione”, in realtà la procrastinazione compromette la qualità del risultato finale, perché costringe a fare tutto di fretta e sotto stress quando la scadenza si avvicina.
Sintomi principali della procrastinazione
Chi procrastina abitualmente manifesta una serie di segnali sul piano emotivo, cognitivo e comportamentale. Ecco i principali “sintomi” o indicatori di una procrastinazione problematica:
- Emotivi: tensione e ansia crescente man mano che una scadenza si avvicina; sentimenti di colpa, vergogna o bassa autostima dopo aver rimandato un compito importante; irritabilità e rabbia verso se stessi per non aver agito prima. Spesso il procrastinatore prova un sollievo iniziale nel posticipare l’impegno, seguito però da stress intenso e auto-rimproveri quando il tempo sta per scadere. Questa altalena emotiva può sfociare in malessere, umore depresso e senso di inefficacia personale.
- Cognitivi: presenza di scuse e auto-giustificazioni frequenti (“Inizierò domani, tanto c’è tempo”, “Aspetto il momento giusto per farlo”); bias mentali come la sottovalutazione del tempo necessario (“lo faccio in un attimo più tardi”) e pensieri irrazionali sul dover essere “nell’umore adatto” per iniziare. Possono emergere inoltre paura del fallimento (si rimanda qualcosa di importante per timore di non riuscire) o perfezionismo eccessivo: l’idea che il compito debba essere svolto in modo perfetto porta a non iniziarlo mai se non ci si sente all’altezza.
- Comportamentali: la caratteristica evidente è il rinvio sistematico di attività o decisioni. La persona procrastinatrice tende a posticipare qualsiasi impegno o scadenza finché possibile, spesso distraendosi con compiti secondari (es. pulire, sistemare cose futili) invece di affrontare quello prioritario. Si notano difficoltà a iniziare un progetto (continui “rituali” prima di partire), pause prolungate durante l’attività, gestione disorganizzata del tempo e mancato rispetto delle consegne. Nei casi cronici, questa abitudine pervade quasi ogni ambito di vita: chi procrastina costantemente finisce per dare priorità al piacere momentaneo e alla gratificazione immediata, sacrificando il proprio futuro in termini di crescita personale e risultati ottenuti. In poche parole, la procrastinazione cronica diventa un vero e proprio meccanismo di evitamento: si evita il compito sgradito per non entrare in contatto con le proprie insicurezze o paure legate ad esso.
Possibili cause e fattori di rischio
Perché procrastiniamo? Le cause della procrastinazione sono multifattoriali e spesso legate alla sfera psicologica ed emotiva. Non si tratta semplicemente di pigrizia o scarsa volontà, al contrario, nella procrastinazione entrano in gioco meccanismi complessi di gestione delle emozioni e convinzioni personali. Tra i principali fattori che possono indurre a procrastinare troviamo:
- Paure e insicurezze: La procrastinazione è spesso una strategia (maladattiva) di fronteggiamento emotivo. Si rimanda un compito per paura del fallimento, del giudizio altrui o del cambiamento che quell’azione comporta. Evitare il compito allevia temporaneamente l’ansia (evitamento), ma alla lunga la paura rimane irrisolta. Paradossalmente, può incidere anche la paura del successo: alcune persone temono inconsciamente le responsabilità o le aspettative che deriverebbero dal riuscire, e quindi procrastinano per non mettersi alla prova.
- Perfezionismo: Molti procrastinatori hanno uno standard di perfezione così elevato da sentirsi bloccati: se non possono fare il lavoro “alla perfezione”, preferiscono non farlo affatto. Questo perfezionismo disfunzionale genera un’ansia tale da impedire di iniziare o concludere l’attività. Si innesca così un circolo vizioso: più si pretende il massimo da sé stessi, più si teme di fallire e quindi si rimanda continuamente, evitando di confrontarsi con la possibilità dell’imperfezione.
- Impulsività e ricerca di gratificazione immediata: Chi è più impulsivo o incline alla gratificazione istantanea fatica a impegnarsi in compiti noiosi o a lunga scadenza. Si preferisce ciò che dà soddisfazione subito (uscire con gli amici, guardare una serie TV) rispetto ad attività importanti ma dai benefici differiti (studiare per un esame, fare esercizio fisico). Questa tendenza è legata a meccanismi neurologici di ricompensa: il cervello “sconta” le ricompense future percependole come meno stimolanti di quelle immediate (fenomeno noto come delay discounting). Un’elevata impulsività dunque predispone alla procrastinazione, perché rende difficile tollerare lo sforzo senza un ritorno immediato.
- Sovraccarico e cattiva gestione del tempo: A volte si procrastina perché ci si sente sopraffatti dalla mole di cose da fare. Un carico di lavoro eccessivo o una scarsa organizzazione possono portare a paralisi decisionale: di fronte a troppe incombenze, non si sa da dove iniziare e si finisce col non fare nulla. Anche la mancanza di priorità chiare contribuisce; se tutto sembra importante, è facile cadere nel rimandare i compiti più impegnativi all’ultimo momento.
- Scarso interesse o motivazione: Se un’attività risulta particolarmente noiosa o priva di significato personale, è molto più probabile procrastinare. La mancanza di motivazione intrinseca verso il compito (ad es. studiare una materia che non piace) abbassa l’impegno e favorisce le distrazioni. In questi casi si rimanda perché il dovere è percepito come pesante e privo di soddisfazione, specie se non ci sono incentivi esterni immediati.
- Condizioni psicologiche sottostanti: Spesso la procrastinazione non è il problema in sé, ma il campanello d’allarme di un disagio più profondo. Diverse condizioni di salute mentale possono manifestarsi anche attraverso il rimandare cronico. Ad esempio, disturbi d’ansia (come ansia sociale o disturbo d’ansia generalizzato) possono bloccare nell’azione per timore o eccessiva preoccupazione; la depressione porta apatia, mancanza di energia e difficoltà di concentrazione, tutte cose che favoriscono il procrastinare. Anche una bassa autostima o il sentirsi incapaci possono alimentare il rinvio per evitare di mettere alla prova sé stessi. Un caso particolare è il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) negli adulti: l’ADHD comporta impulsività, difficoltà di concentrazione e disorganizzazione, fattori che aumentano nettamente la tendenza a procrastinare. In generale, quando procrastinare diventa sistematico ed estremo, può indicare una “disarmonia interiore” o uno stato di disagio mentale che la persona non riesce ad esprimere altrimenti. Per questo è importante valutare il contesto: la procrastinazione severa spesso va di pari passo con altre problematiche psicologiche, e affrontarla significa anche riconoscere e trattare quelle cause sottostanti.
Quando e come chiedere aiuto
Tutti procrastiniamo di tanto in tanto. Ma quando diventa un problema per cui è meglio rivolgersi a un professionista? Alcuni criteri da tenere presenti:
- Impatto su vita e funzionalità: se la tendenza a rimandare si è fatta pervasiva e compromette aspetti importanti della vita quotidiana. Ad esempio, quando la procrastinazione cronica impedisce di portare avanti gli studi, causa difficoltà sul lavoro (progetti lasciati incompiuti, rischio di perdere il posto) o danneggia le relazioni e la vita familiare, è un segnale che non si tratta più di semplice pigrizia ma di un blocco comportamentale serio. In particolare, se non si riesce più a prendere decisioni importanti, relative alla carriera, alla salute o ai rapporti affettivi, a causa del continuo rimandare, può essere opportuno cercare aiuto.
- Durata e frequenza: procrastinare diventa preoccupante quando non è più occasionale. Un conto è rimandare qualche volta un compito noioso; altro è farlo diventare un modus operandi. Se da mesi o anni ci si rende conto di rimandare sistematicamente qualsiasi tipo di incombenza, grandi o piccole, al punto che quasi ogni giornata è segnata da questo schema, allora il problema è cronico. In questi casi la persona spesso riconosce di avere un’abitudine nociva (oltre il 95% dei procrastinatori cronici vorrebbe smettere) ma non riesce da sola a cambiarla.
- Sofferenza associata: è importante valutare il livello di disagio personale. La procrastinazione patologica non è mai “indolore”: come abbiamo visto, provoca stress, ansia, senso di colpa, riduce l’autostima e può contribuire a stati depressivi. Se la persona si sente intrappolata in questo circolo vizioso, con forte sofferenza emotiva e senso di impotenza, è un chiaro indicatore che serve un supporto professionale. Procrastinare potrebbe essere diventato il sintomo visibile di un problema più grande, e ignorarlo rischia di aggravare il quadro.
- Tentativi falliti di migliorare: molte persone provano varie strategie “fai da te” per smettere di procrastinare (to-do list, app per la produttività, buoni propositi, ecc.). Se nonostante gli sforzi individuali il comportamento non cambia, anzi peggiora, è il momento di considerare l’aiuto di uno specialista. Un professionista può offrire metodi strutturati e un punto di vista esterno che spesso fanno la differenza per sbloccare la situazione.

In presenza di questi fattori, chiedere aiuto è assolutamente consigliato. Non bisogna vergognarsi di rivolgersi a uno psicologo o psicoterapeuta: la procrastinazione seriale non è un “vizio” morale né un tratto di personalità immutabile, ma un comportamento che si può modificare con gli approcci giusti. Anzi, riconoscere di avere un problema di procrastinazione e attivarsi per affrontarlo è già un primo passo coraggioso verso il miglioramento. L’importante, in questo caso, è non procrastinare la decisione di farsi aiutare.
Approcci di trattamento efficaci
Superare la procrastinazione cronica è possibile, tramite interventi mirati sul comportamento e sulle cause sottostanti. Le ricerche evidenziano che esistono diversi trattamenti efficaci, sia individuali sia di gruppo, in presenza oppure online. Ecco i principali approcci basati sull’evidenza scientifica:
Psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT)
È considerata il trattamento d’elezione per la procrastinazione problematica. La terapia cognitivo-comportamentale aiuta la persona a identificare e modificare i pensieri disfunzionali che alimentano il rinvio (es. convinzioni perfezionistiche o catastrofiche sul fallimento) e ad adottare strategie pratiche di gestione del tempo. Un percorso di CBT insegna tecniche di autoregolazione: pianificazione graduale dei compiti, uso di promemoria, sistemi di ricompensa, e abilità per tollerare meglio lo sforzo e le emozioni negative legate ai doveri. Studi e meta-analisi confermano che programmi basati sulla CBT, suddivisi in moduli (time management, regolazione emotiva, training di autoefficacia, ecc.), riduce significativamente la procrastinazione e migliora la qualità di vita di chi ne soffre.
Terapie orientate alle emozioni e alla motivazione
Poiché procrastinare è spesso una forma di regolazione emotiva inefficace, può essere utile un lavoro psicologico focalizzato sul riconoscimento e gestione delle emozioni. Percorsi di coaching motivazionale o terapie brevi focalizzate possono aiutare a riscoprire il significato dietro i compiti da svolgere, incrementando la motivazione intrinseca. Anche tecniche di mindfulness e gestione dell’ansia possono rivelarsi efficaci: imparare a tollerare il disagio iniziale e a ridurre lo stress rende meno necessario “fuggire” dal compito.
Interventi sullo stile di vita e abitudini
A volte migliorare la procrastinazione passa per piccoli aggiustamenti quotidiani. Programmi psicoeducativi insegnano ad adottare abitudini anti-procrastinazione: ad esempio, suddividere i grandi progetti in micro-obiettivi raggiungibili, usare checklist e calendari, stabilire scadenze auto-imposte più ravvicinate per creare senso di urgenza, riorganizzare l’ambiente di lavoro per eliminare le distrazioni (mettere il telefono lontano, pulire la scrivania dai passatempi), e così via. Sono consigliate anche tecniche come il Metodo del Pomodoro (lavorare in blocchi da 25 minuti intervallati da brevi pause) che aiutano a mantenere la concentrazione. L’obiettivo è costruire una routine che renda più facile iniziare subito i compiti e portare avanti i progetti in modo costante.
Terapia farmacologica (se indicata)
Non esistono farmaci “per la procrastinazione” in sé. Tuttavia, quando il rimandare cronico è correlato a disturbi specifici diagnosticabili (ad es. depressione maggiore, disturbo d’ansia, ADHD), il trattamento farmacologico di queste condizioni può dare benefici anche sul comportamento procrastinatorio. Ad esempio, curare una depressione con antidepressivi può restituire energia e motivazione, facilitando la ripresa delle attività; nelle persone con ADHD, i farmaci stimolanti o non-stimolanti migliorano l’attenzione e l’impulsività, riducendo la tendenza a procrastinare. È fondamentale quindi una valutazione approfondita: uno psichiatra può capire se vi siano condizioni cliniche da trattare farmacologicamente accanto al supporto psicologico.
Il ruolo di My Mental Care: il nostro centro adotta un approccio multidisciplinare per affrontare la procrastinazione e i disagi correlati. Questo significa che psicologi, psichiatri e altri specialisti lavorano in sinergia, offrendo una presa in carico completa della persona (non solo del “sintomo”). Grazie a questa visione a 360°, il team di My Mental Care può: valutare l’eventuale presenza di disturbi associati (ansia, depressione, ADHD, problemi di gestione dello stress), strutturare un percorso personalizzato di psicoterapia cognitivo-comportamentale o di altro tipo, affiancare interventi psicoeducativi sulle abitudini quotidiane e, se necessario, fornire supporto farmacologico mediante il nostro specialista psichiatra. L’obiettivo è aiutare il paziente procrastinatore a spezzare il circolo vizioso del rinvio, potenziando le sue capacità organizzative, la tolleranza allo stress e la fiducia in sé stesso. Con il giusto supporto, chi procrastina cronicamente può tornare a gestire meglio il proprio tempo e le proprie emozioni, migliorando la qualità della sua vita. My Mental Care si propone come punto di riferimento per chi vuole superare questo ostacolo e ritrovare benessere e realizzazione personale.
Strategie pratiche per smettere di procrastinare
Non esiste una bacchetta magica contro la procrastinazione, ma gli esperti suggeriscono alcune strategie pratiche che possono aiutare a invertire la rotta. Secondo alcuni specialisti di produttività, ad esempio, adottare queste abitudini può fare la differenza:
- Auto-imporsi scadenze ravvicinate: se un progetto ha come termine il 30 del mese, fissiamo scadenze intermedie prima di quella data (es. “finire la prima parte entro il 15”). Creare mini-deadline personali genera un senso di urgenza che combatte la tentazione di rimandare tutto all’ultimo. Possiamo anche suddividere il lavoro in blocchi di tempo sul calendario, in modo da avere appuntamenti precisi con noi stessi per iniziare/svolgere il compito.
- Rendere conto a qualcuno (accountability): dichiarare i propri impegni ad amici, familiari o colleghi può aumentarne il rispetto. Ad esempio, condividi il tuo obiettivo (“ti mando la bozza entro venerdì”) o lavora insieme a qualcun altro in sessioni programmate. Sapere che una persona cara o un partner di studio è al corrente delle tue scadenze ti motiverà a non procrastinare, perché in gioco c’è anche la responsabilità sociale di mantenere la parola data.
- Strutturare il lavoro in intervalli regolari: affrontare un compito lungo può spaventare; invece, dividilo in sessioni brevi e costanti. Puoi provare tecniche come il Pomodoro (25 minuti di lavoro concentrato + 5 minuti di pausa) o pianificare slot di 30–60 minuti per ciascuna attività, intervallati da break. Questo approccio aiuta a migliorare l’attenzione e la concentrazione, rendendo meno probabile che la mente vaghi verso scuse o distrazioni. Inoltre, completare tanti piccoli step dà un senso di progressione che alimenta la motivazione a proseguire.
- Eliminare distrazioni e tentazioni: quando devi iniziare un lavoro impegnativo, crea un ambiente favorevole. Spegni o silenzia lo smartphone, chiudi le schede inutili del browser, allontana tutto ciò che ti distrae (TV spenta, porta chiusa). Può essere utile anche installare app che bloccano temporaneamente i social network o altri siti “attira-attenzione”. Riducendo le fonti di distrazione, notifiche continue, rumori, oggetti con cui giocherellare, sarà più facile non cedere all’impulso di interrompere il compito. In pratica, semplifica il tuo spazio di lavoro lasciando a portata di mano solo l’essenziale per quell’attività.
- Coltivare la motivazione intrinseca: chiediti “Perché lo sto facendo?”. Spesso procrastiniamo perché percepiamo il compito come un dovere imposto dall’esterno, privo di significato personale. Prova invece a collegare l’attività ai tuoi valori o obiettivi: ad esempio, studiare quell’esame mi avvicina alla laurea, quindi a fare il lavoro che desidero; riordinare casa mi darà un ambiente più sereno per rilassarmi, ecc. Trovare una motivazione profonda aiuta a superare la resistenza iniziale. Se proprio non ne trovi nessuna, identifica una piccola ricompensa: “Quando avrò finito questo capitolo, mi concedo un episodio della mia serie preferita”. Dare senso e ricompense al compito riduce l’avversione e rende più facile cominciare.
Ricorda: cambiare abitudini richiede costanza. Inizia applicando una o due di queste strategie e prova a mantenerle ogni giorno; col tempo, rimandare diventerà meno automatico. E se senti di non farcela da solo, non esitare a chiedere supporto, un professionista può aiutarti a sviluppare un piano su misura e soprattutto a capire cosa ti sta davvero bloccando, per agire in modo mirato.
Prenota un appuntamento con My Mental Care: se la procrastinazione sta interferendo con il tuo benessere e i tuoi obiettivi, non aspettare oltre per affrontarla. Il nostro team di esperti è pronto ad aiutarti con tecniche collaudate e un sostegno empatico.
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Domande frequenti sulla procrastinazione