Decadimento cognitivo: cos’è, sintomi, cause e trattamenti

anziana signora seduta sul divano con sguardo pensieroso, familiare le tiene la mano in segno di supporto

In Italia oltre un milione di persone convivono con forme di demenza, mentre circa 900.000 presentano un decadimento cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment, MCI). Considerando anche i familiari che prestano assistenza, più del 10% della popolazione è toccato da questo fenomeno (fonte: Osservatorio Demenze - ISS). Il decadimento cognitivo non riguarda solo la perdita di memoria negli anziani: è una condizione complessa che può influire profondamente sulla qualità di vita pratica ed emotiva di chi ne soffre.

Affrontiamo cos’è il decadimento (o declino) cognitivo, perché incide sulla vita quotidiana, quali sono i sintomi da tenere d’occhio, le possibili cause e fattori di rischio, e quando è il caso di chiedere aiuto. Vedremo inoltre quali approcci di trattamento scientificamente comprovati esistono e alcuni consigli pratici per mantenere il cervello in salute.

Cos’è il decadimento cognitivo

Il decadimento cognitivo indica un declino anomalo delle funzioni mentali – memoria, attenzione, linguaggio, capacità di ragionamento e orientamento – rispetto a quanto atteso per l’età. Da non confondere con il normale invecchiamento, il decadimento cognitivo comporta deficit cognitivi evidenti (come vuoti di memoria frequenti) che superano la normale variazione legata all’età. Spesso si presenta inizialmente come disturbo cognitivo lieve (MCI): una condizione intermedia in cui i problemi di memoria e concentrazione sono lievi e non impediscono del tutto le normali attività quotidiane, ma sono maggiori rispetto alla media dei coetanei.

Con il progredire del declino cognitivo, si può arrivare a forme patologiche di demenza, termine che indica un deterioramento grave delle funzioni cognitive, comportamentali e della personalità tale da compromettere l’autonomia della persona. In sintesi:

  • Invecchiamento normale: lievi difficoltà mnemoniche o di concentrazione che non peggiorano significativamente nel tempo e non alterano la vita quotidiana né la personalità.

  • Decadimento cognitivo lieve (MCI): deficit cognitivi misurabili ma di entità lieve, che non invalidano le attività di ogni giorno, pur essendo oltre la norma per l’età. È una “zona grigia” tra invecchiamento fisiologico e demenza.

  • Demenza: declino cognitivo patologico e marcato, con compromissione significativa di memoria e altre funzioni (linguaggio, orientamento, ragionamento) unito spesso ad alterazioni del comportamento, dell’umore o della personalità, tanto da limitare gravemente l’autonomia.

Perché incide sulla vita quotidiana

Anche nelle fasi iniziali, il decadimento cognitivo può avere un impatto pratico e psicologico rilevante. Sul piano pratico, i problemi di memoria e attenzione possono tradursi in difficoltà nel gestire attività di tutti i giorni: ad esempio, dimenticare appuntamenti o scadenze, perdere oggetti personali (chiavi, occhiali) di frequente, oppure avere incertezze nel seguire procedure note (come usare elettrodomestici o gestire il denaro). Queste difficoltà tendono a peggiorare gradualmente, al punto che col tempo la persona può diventare meno autonoma e avere bisogno di aiuto per compiti quotidiani che prima svolgeva da sola. Nei casi avanzati, il declino cognitivo può diventare invalidante, pregiudicando la capacità di svolgere attività basilari (lavarsi, vestirsi, cucinare in sicurezza) e richiedendo un’assistenza continua.

Dal punto di vista psicologico ed emotivo, la consapevolezza di “perdere colpi” cognitivamente può generare frustrazione, insicurezza e ansia nella persona interessata. Frequenti vuoti di memoria o momenti di confusione possono minare l’autostima e portare a ritirarsi dalle attività sociali, per paura di fare brutte figure o di non sentirsi più all’altezza. Non di rado subentrano cambiamenti d’umore: alcune persone diventano irritabili o vanno incontro a depressione reattiva, sentendosi un peso per i familiari. Anche i caregiver (familiari che assistono) subiscono un carico emotivo notevole, tra stress, preoccupazione per il futuro e stanchezza, specie man mano che la cura richiede più tempo e energie.

In sintesi: il decadimento cognitivo incide sul benessere a 360 gradi – pratico, emotivo e sociale – sia per chi ne soffre sia per chi se ne prende cura. Per questo è importante non sottovalutare i segnali iniziali e attivare prima possibile le risorse di supporto (mediche, psicologiche, sociali) atte a mantenere una buona qualità di vita il più a lungo possibile.

Sintomi e segnali principali

I sintomi del decadimento cognitivo possono variare da persona a persona, ma in genere i campanelli d’allarme iniziali riguardano cambiamenti in ambito cognitivo, emotivo e comportamentale. I principali segnali da tenere d’occhio includono:

  • Deficit di memoria a breve termine: dimenticare di frequente eventi o informazioni recenti (appuntamenti, conversazioni appena fatte, dove si è riposto un oggetto). Spesso la persona ripete le stesse domande perché non ricorda le risposte ricevute poco prima.

  • Difficoltà di concentrazione e attenzione: fatica a mantenere il focus su un compito o una conversazione, maggiore distraibilità e calo delle capacità di pianificazione e problem solving.

  • Problemi di linguaggio: cercare le parole giuste diventa più arduo (esitazioni, interruzioni nel parlare), con qualche errore nel trovare nomi di persone o oggetti familiari. Può calare anche la comprensione di testi complessi o conversazioni rapide.

  • Disorientamento spazio-temporale leggero: piccole incertezze su date, passaggio del tempo o orientamento in luoghi meno familiari. Ad esempio, può capitare di sentirsi confusi in un ambiente nuovo o impiegare più tempo a riconoscere posti prima noti.

  • Alterazioni delle abilità visuo-spaziali e motorie: lieve goffaggine, problemi di equilibrio o di coordinazione mano-occhio possono associarsi (ad es. difficoltà a salire scale, a giudicare le distanze in auto). Anche l’orientarsi in spazi noti a volte diventa impegnativo.

  • Cambiamenti dell’umore e della personalità: il decadimento cognitivo spesso si accompagna a sbalzi d’umore, irritabilità, apatia o depressione. La persona può mostrarsi insolitamente ansiosa, sospettosa oppure perdere interesse per hobby e relazioni sociali che prima la coinvolgevano.

  • Ridotta capacità decisionale e iniziativa: può diminuire la capacità di prendere decisioni complesse o di iniziativa nel pianificare attività. La persona esita di più, appare indecisa anche su questioni semplici e tende a delegare o evitare scelte.

uomo anziano con perdita memoria temporanea

È importante notare che alcuni sintomi cognitivi possono anche essere legati ad altri problemi (ad es. difficoltà di concentrazione dovute a depressione o ansia, chiamate pseudodemenza). Per questo, in presenza di questi segnali, è consigliabile approfondire con uno specialista, così da capire l’origine dei disturbi. La lista sopra offre un orientamento generale: non basta un singolo episodio di dimenticanza per parlare di decadimento cognitivo. Bisogna osservare frequenza, persistenza e impatto di tali sintomi nel tempo.

Possibili cause e fattori di rischio

Il decadimento cognitivo riconosce diverse possibili cause, spesso concomitanti. Nella maggior parte dei casi si sviluppa in età avanzata, come preludio di malattie neurodegenerative (es. Alzheimer) o a causa dell’invecchiamento cerebrale unito ad altri fattori di rischio. Ecco i principali elementi che possono contribuire:

  • Età avanzata: l’invecchiamento è il fattore di rischio principale per declino cognitivo e demenza. Dopo i 65-70 anni aumenta la probabilità di manifestare deficit di memoria e altre funzioni. Questo accade in parte per la fisiologica perdita di neuroni e sinapsi con l’età, ma ancora di più contano le condizioni con cui si arriva in età anziana (stili di vita e salute generale).

  • Predisposizione genetica e storia familiare: avere parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti da Alzheimer o altre forme di demenza aumenta il rischio di decadimento cognitivo. Esistono varianti genetiche (ad es. della apolipoproteina E) associate a maggiore suscettibilità, anche se genetica non equivale a destino: serve la combinazione con altri fattori perché si manifesti la patologia.

  • Malattie cardiovascolari e metaboliche: condizioni come ipertensione, diabete di tipo 2, colesterolo alto, obesità e patologie cerebrovascolari (es. pregresse ischemie o ictus) sono collegate a un rischio raddoppiato di declino cognitivo e demenza. Queste malattie possono danneggiare i vasi sanguigni cerebrali e ridurre l’ossigenazione del cervello, favorendo la morte neuronale. Uno studio recente ha evidenziato che avere almeno due malattie tra diabete, cardiopatie e ictus raddoppia il rischio di demenza.

  • Traumi cranici e condizioni neurologiche: un grave trauma cranico passato o microlesioni cerebrali cumulative (come nella commozione cerebrale ripetuta) possono compromettere in modo permanente alcune funzioni cognitive. Anche malattie neurologiche come il Morbo di Parkinson spesso includono un decadimento cognitivo progressivo nelle fasi avanzate.

  • Basso livello di istruzione e stimoli cognitivi: la riserva cognitiva (ovvero la “scorta” di sinapsi e capacità mentali sviluppata durante la vita grazie a studio, lavoro intellettuale e attività stimolanti) può proteggere dal declino. Persone con bassa scolarità o che hanno mantenuto poco attivo il cervello sembrano più suscettibili a un deterioramento in età avanzata.

  • Stili di vita non salutari: fumo di sigaretta, consumo eccessivo di alcol, dieta poco equilibrata e sedentarietà hanno tutti un impatto negativo sulla salute cerebrale. Queste abitudini favoriscono l’aterosclerosi e l’infiammazione, creando un terreno fertile per il declino cognitivo.

  • Isolamento sociale e inattività mentale: la scarsa vita sociale e stimolazione cognitiva ridotta (poche letture, hobbies o interessi) facilitano la comparsa di problemi di memoria e attenzione. L’isolamento porta il cervello a “riposare” troppo, privandolo di esercizio; inoltre può innescare depressione, anch’essa collegata a declino cognitivo.

  • Depressione e stress cronico: un umore depresso o elevati livelli di stress psicoemotivo prolungati possono contribuire al decadimento cognitivo. Depressione e ansia logorano i neuroni attraverso meccanismi ormonali (cortisolo elevato) e riducono ulteriormente la voglia di tenersi mentalmente attivi. Non a caso la depressione in tarda età è considerata sia un possibile fattore di rischio per demenza sia un sintomo precoce di declino cognitivo in atto. La relazione è complessa e bidirezionale.

Molti di questi fattori di rischio possono sommarsi tra loro. Ad esempio, una persona anziana con ipertensione, sedentaria e socialmente isolata avrà un rischio sensibilmente più alto rispetto a una coetanea in buona salute fisica e mentalmente attiva. La buona notizia è che alcuni fattori sono modificabili: migliorare lo stile di vita e controllare le malattie croniche può ridurre significativamente il rischio di declino cognitivo. In effetti, secondo un importante rapporto pubblicato su The Lancet nel 2020, agendo su 12 fattori di rischio legati allo stile di vita (come istruzione, esercizio fisico, fumo, alimentazione, ecc.) si potrebbe prevenire o ritardare fino al 40% dei casi di demenza.

Quando chiedere aiuto: gravità e durata dei sintomi

Stabilire il confine tra piccole sbadataggini e decadimento cognitivo vero e proprio non è immediato. È consigliabile consultare un medico o uno specialista (neurologo, geriatra o psichiatra con competenze neurocognitive) quando si verificano queste condizioni:

  • Sintomi persistenti e in peggioramento: piccoli vuoti di memoria o distrazioni occasionali sono normali; non lo è quando tali episodi diventano frequenti e tendono ad aumentare col passare dei mesi. Ad esempio, se da qualche tempo la persona dimentica quotidianamente fatti recenti o mostra confusione crescente, vale la pena approfondire.

  • Interferenza con le attività quotidiane: se i disturbi cognitivi iniziano a interferire con la normale vita di tutti i giorni è il momento di agire. Esempi: non ricordare più come si svolgono compiti prima famigliari (guidare l’auto, cucinare piatti abituali), smarrirsi uscendo nel quartiere, oppure avere difficoltà a gestire il denaro e i conti. Quando i problemi mettono a rischio la sicurezza (dimenticare il gas acceso, perdersi per strada) non bisogna aspettare oltre.

  • Cambiamenti comportamentali marcati: un cambiamento improvviso della personalità o del tono dell’umore (es. comparsa di apatia, aggressività, sospettosità) associato a lievi deficit cognitivi è un segnale da non trascurare. Alterazioni comportamentali di nuova insorgenza potrebbero indicare l’evoluzione verso una forma di demenza e dovrebbero motivare una valutazione neuropsicologica tempestiva.

  • Preoccupazione di familiari o della persona stessa: spesso sono i familiari ad accorgersi per primi che “qualcosa non va” – ad esempio, notano che il loro caro pone le stesse domande ripetutamente, oppure trovano bollette non pagate e disorganizzazione insolita. Allo stesso modo, una persona che sente di avere più difficoltà cognitive del passato e se ne preoccupa dovrebbe parlarne con il proprio medico. Fiutare il problema sul nascere è importante.

  • Durata oltre 6-12 mesi: problemi cognitivi transitori possono verificarsi in seguito a eventi specifici (forte stress, lutto, depressione, infezioni, interventi chirurgici). Se però i sintomi persistono da più di qualche mese nonostante la risoluzione di eventuali fattori acuti, è raccomandabile procedere a un accertamento specialistico.

In generale, la regola è: meglio una visita in più che una in meno. Una valutazione medica (comprensiva di colloquio, esami del sangue e test neuropsicologici) potrà chiarire se i disturbi riferiti rientrano nel normale invecchiamento oppure se indicano un MCI o l’esordio di una demenza. Intervenire precocemente è fondamentale: diagnosticare il decadimento cognitivo per tempo consente di gestire meglio la condizione e pianificare il futuro in modo informato. Inoltre, alcune cause reversibili di deficit cognitivi (per esempio carenze vitaminiche, disturbi tiroidei, effetti collaterali di farmaci, depressione) possono essere individuate e trattate, portando a un miglioramento dei sintomi.

Se hai dubbi o noti questi segnali in te stesso o in una persona cara, non esitare a chiedere aiuto professionale: una semplice visita può togliere preoccupazioni inutili o, al contrario, attivare subito un percorso di cura e supporto.

Approcci di trattamento comprovati

Attualmente non esiste una cura risolutiva per invertire il decadimento cognitivo o guarire dalle malattie neurodegenerative sottostanti (come l’Alzheimer). Tuttavia, esistono diversi approcci efficaci per trattare i sintomi, rallentare la progressione e sostenere la qualità di vita del paziente e della famiglia. L’approccio migliore è spesso multidisciplinare – coinvolge medici (neurologo, psichiatra, geriatra), psicologi/neuropsicologi, terapisti della riabilitazione cognitiva, nutrizionisti e altri specialisti – in modo da coprire tutti gli aspetti di cura necessari. Ecco i principali interventi con comprovata efficacia:

Valutazione e trattamento medico

Il primo passo è identificare eventuali cause mediche trattabili. Il medico effettua esami per escludere condizioni come disturbi tiroidei, carenze di vitamina B12, infezioni o effetti farmacologici che possono causare sintomi cognitivi. Se individuati, trattare queste condizioni può migliorare nettamente le funzioni cognitive. Quando il decadimento cognitivo è legato a una malattia neurodegenerativa in fase iniziale, lo specialista può proporre terapie farmacologiche specifiche: ad esempio, farmaci inibitori dell’acetilcolinesterasi (donepezil, rivastigmina) o memantina, indicati per la malattia di Alzheimer, che possono temporaneamente stabilizzare o migliorare i sintomi cognitivi. Va sottolineato che non tutti i pazienti con MCI sono candidabili a farmaci – la prescrizione è valutata caso per caso, in base alla diagnosi precisa e ai rischi/benefici.

Riabilitazione neurocognitiva

Consiste in programmi di stimolazione cognitiva personalizzati, guidati da neuropsicologi o terapisti occupazionali. Attraverso esercizi mirati su memoria, attenzione, linguaggio e funzioni esecutive, si cerca di potenziare le abilità mentali residue e compensare le difficoltà. Ad esempio, il paziente può essere coinvolto in training di memory strategy (strategie di associazione per ricordare meglio), giochi di logica, esercizi su computer o carta e matita, uso di agende e ausili per organizzare le informazioni. La stimolazione cognitiva, se iniziata precocemente, aiuta a rallentare il declino e a mantenere più a lungo l’autonomia nelle attività quotidiane. Spesso questi interventi avvengono presso Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) del Servizio Sanitario o in cliniche specializzate.

Supporto psicologico e psicosociale

Parallelamente agli interventi medici, è fondamentale offrire un supporto psicologico sia al paziente sia ai caregiver. Percorsi di psicoterapia di supporto o partecipazione a gruppi di mutuo auto-aiuto possono aiutare la persona con decadimento cognitivo ad affrontare l’ansia, la depressione o i timori legati alla propria condizione, rinforzando le risorse di coping. Allo stesso modo, i familiari beneficiano di interventi psicoeducativi dove imparano come gestire al meglio i disturbi di memoria/comportamento del congiunto e come prendersi cura di sé stessi per evitare il burnout. Mantenere attiva la rete sociale (amici, parenti, centri diurni, volontariato) giova sia al malato, che si sente meno solo e stimolato a interagire, sia alla famiglia che può contare su momenti di sollievo.

Terapie occupazionali e interventi per l’autonomia

La terapia occupazionale è utile per addestrare il paziente a strategie pratiche che compensino i deficit nella vita quotidiana. Ad esempio, il terapista insegna ad usare strumenti come etichette su ante e cassetti, sveglie e promemoria, semplifica l’ambiente domestico rimuovendo ostacoli, propone attività adattate al livello cognitivo per mantenere la persona attiva (cucinare piatti semplici insieme, fare piccoli lavori manuali sicuri). L’obiettivo è preservare il più possibile l’indipendenza nelle ADL (Activities of Daily Living) e prevenire incidenti, modulando le richieste ambientali in base alle capacità residue. Anche interventi sulla casa (es. installare dispositivi di sicurezza per gas/fornelli, segnali visivi per orientarsi nelle stanze) fanno parte del sostegno all’autonomia.

Approccio farmacologico sintomatico e di supporto

Oltre ai farmaci cognitivi, spesso il medico si concentra sulla gestione degli altri sintomi associati. Possono essere prescritti farmaci antidepressivi (per l’umore depresso), ansiolitici leggeri (per agitazione o ansia significativa) o stabilizzanti del comportamento nei casi di agitazione grave, sempre con attenzione agli effetti collaterali sugli anziani. Inoltre, si trattano le comorbidità: un sonno disturbato, il dolore cronico, problemi sensoriali (vista, udito) – tutte condizioni che se affrontate migliorano la lucidità diurna e il funzionamento cognitivo indiretto. In alcuni casi selezionati di decadimento cognitivo dovuto a Alzheimer iniziale, si discute la possibilità di terapie innovative che agiscono sui meccanismi biologici (come anticorpi monoclonali anti-beta amiloide recentemente autorizzati in via condizionata): si tratta però di terapie di nicchia, gestite da centri specialistici, riservate a pazienti con criteri stringenti e non una cura definitiva.

È essenziale un coordinamento tra i vari specialisti coinvolti: in My Mental Care, ad esempio, psichiatri, psicologi, terapisti e medici internisti collaborano per monitorare e ottimizzare il percorso terapeutico di ogni paziente, confrontandosi regolarmente. L’intervento combinato permette di affrontare il decadimento cognitivo su più fronti (medico, cognitivo, emotivo, sociale), adattando il piano di cura alle esigenze specifiche della persona e delle famiglie.

Nota: Non esistono al momento “pillole magiche” o integratori miracolosi per il decadimento cognitivo. Integratori a base di vitamine o antiossidanti possono essere utili solo se c’è una carenza specifica documentata (es. vitamina B12). In caso contrario, l’efficacia di supplementi, così come di diete “miracolose” o altri rimedi non comprovati, non è supportata da evidenze scientifiche significative. I trattamenti raccomandati dalle linee guida internazionali restano quelli sopra elencati.

Strategie pratiche per la mente sana (lifestyle tips)

Uno stile di vita sano gioca un ruolo cruciale sia nella prevenzione del decadimento cognitivo sia nel rallentare la progressione. Basandoci su solide evidenze scientifiche (OMS e ISS), ecco alcune strategie pratiche che ognuno può adottare:

  • Mantieni il cervello attivo ogni giorno: Usa la mente! Dedicati ad attività stimolanti come leggere, fare cruciverba o sudoku, apprendere qualcosa di nuovo (una lingua, uno strumento musicale), oppure giochi di memoria. Anche conversare, discutere, giocare a carte o a scacchi con gli amici tiene allenate varie funzioni cognitive. Questi “allenamenti mentali” contribuiscono a costruire e mantenere la riserva cognitiva.

  • Fai regolarmente attività fisica: L’esercizio fisico ha benefici comprovati sul cervello. 30 minuti al giorno di movimento moderato (passeggiate a passo svelto, bicicletta, nuoto, ginnastica dolce) migliorano la circolazione sanguigna cerebrale e favoriscono la crescita di nuove connessioni neuronali. L’attività motoria costante è associata a un declino cognitivo più lento e a minori rischi di demenza. Scegli un’attività adatta alle tue capacità fisiche e rimani attivo.

  • Segui una dieta equilibrata: Nutri il cervello con cibi sani. Una dieta mediterranea ricca di verdura, frutta, cereali integrali, pesce (omega-3) e olio d’oliva, con pochi grassi saturi e zuccheri semplici, è legata a una migliore salute cognitiva negli studi scientifici. Mantieni un peso nella norma: sovrappeso e obesità di mezza età sono fattori di rischio per declino cognitivo. Riduci il sale (per proteggere la pressione) e limita gli alcolici preferendo un consumo moderato (un bicchiere di vino ai pasti al massimo) o nullo.

  • Non fumare (e se fumi, chiedi aiuto per smettere): Il fumo di sigaretta danneggia i vasi sanguigni e aumenta lo stress ossidativo, accelerando l’invecchiamento del cervello. Smettere di fumare – a qualsiasi età – porta benefici quasi immediati alla circolazione cerebrale. Anche evitare il fumo passivo fa parte di uno stile di vita protettivo per la memoria.

  • Coltiva le relazioni sociali e gli hobby: Non isolarti. Mantenere una buona rete di contatti con amici, familiari, vicini di casa o partecipare ad attività di gruppo (circoli, volontariato, corsi per senior) è uno dei modi più piacevoli per proteggere la mente. La stimolazione sociale e mentale che deriva dallo stare in compagnia aiuta a rallentare il declino cognitivo. Allo stesso modo, continua a coltivare passioni e interessi: che sia il giardinaggio, il cucito, il ballo o il cinema, ciò che ti entusiasma terrà accesa la scintilla mentale e ti darà soddisfazione quotidiana.

gruppo di anziani passeggia contro il decadimento cognitivo

Seguire queste indicazioni non garantisce al 100% di evitare problemi cognitivi, ma numerosi studi dimostrano che uno stile di vita sano può ridurre significativamente il rischio di decadimento cognitivo e demenza. Anche per chi già sperimenta un lieve declino, adottare queste abitudini aiuta a mantenere la mente lucida più a lungo. In altre parole, prendersi cura del proprio cervello – così come del cuore – è un investimento sul benessere futuro.

Prenotare una valutazione: il supporto di My Mental Care

Affrontare i cambiamenti cognitivi può far sentire smarriti, ma non sei solo. In My Mental Care abbiamo un team multidisciplinare di specialisti (psichiatri, psicoterapeuti, endocrinologi, nutrizionisti) pronto ad ascoltarti e aiutarti con un percorso su misura. Una valutazione neuropsicologica completa può chiarire dubbi e, se necessario, dare il via a interventi personalizzati per migliorare la tua qualità di vita e quella dei tuoi cari.

Quando rivolgersi a noi? Se riconosci in te stesso o in un familiare diversi dei sintomi descritti e noti che questi influiscono sul quotidiano, è il momento giusto per chiedere aiuto. Prima si interviene, maggiori sono le possibilità di mantenere sotto controllo il decadimento cognitivo.

Cosa offre My Mental Care: un approccio umano e scientifico insieme – nessun algoritmo, solo persone qualificate al tuo fianco. Dalla diagnosi alla riabilitazione cognitiva, fino al supporto psicologico individuale e familiare, ti accompagniamo passo passo. Lavoriamo in squadra integrando psichiatria, psicologia, terapie specialistiche e consulenze complementari (nutrizionali, endocrinologiche) per coprire ogni aspetto del tuo benessere mentale.

Prenota un appuntamento con i nostri specialisti o richiedi un contatto: insieme costruiremo la strategia migliore per affrontare il decadimento cognitivo con serenità ed efficacia. Prendersi cura della propria mente è un atto di forza e di speranza – noi di My Mental Care siamo qui per te, online e in sede, quando ne hai bisogno.


Domande frequenti sul decadimento cognitivo

Decadimento cognitivo e demenza sono la stessa cosa?

No. Il decadimento cognitivo è un calo delle funzioni mentali oltre quanto atteso per l’età. La demenza è la forma più grave e invalidante, con perdita dell’autonomia. L’MCI (decadimento cognitivo lieve) è una fase intermedia: sintomi presenti, ma attività quotidiane in gran parte conservate; non sempre evolve in demenza.

Quali test servono per la diagnosi?

Visita specialistica e valutazione neuropsicologica con test standardizzati (es. MMSE, MoCA), colloquio con familiari, esami del sangue per cause reversibili e, quando indicato, neuroimaging (RMN, PET). La diagnosi precoce orienta subito il trattamento più adatto.

Il decadimento cognitivo lieve si può curare o invertire?

Non esiste una cura definitiva per le forme neurodegenerative. Si può gestire: trattare cause reversibili, riabilitazione cognitiva, supporto psicologico, stili di vita salutari e, nei casi indicati, farmaci sintomatici. Obiettivo: rallentare il declino e preservare qualità di vita.

Si può prevenire il decadimento cognitivo?

Prevenzione totale no, riduzione del rischio sì: attività fisica regolare, dieta mediterranea, stop al fumo, alcol con moderazione, allenamento mentale e sociale, controllo di pressione, diabete, colesterolo, sonno e umore. Le stesse strategie aiutano anche dopo la diagnosi.

Quando preoccuparsi dei vuoti di memoria?

Se sono frequenti, peggiorano e interferiscono con la vita quotidiana (pagamenti, appuntamenti, orientamento, sicurezza domestica), serve una valutazione specialistica. Meglio intervenire presto per chiarire la causa e impostare il percorso più efficace.